La prova dell’eterodirezione nell’accertamento della subordinazione

Qualora non emerga l’elemento della soggezione al potere direttivo datoriale, è comunque possibile provare la sussistenza del rapporto subordinato attraverso presunzioni.

La Corte di Cassazione si è espressa con riferimento al caso di un lavoratore che è ricorso in giudizio per ottenere l’accertamento dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze della società per la quale aveva svolto attività di consulenza.

In tema di subordinazione, come noto, l'articolo 2094 del Codice Civile definisce lavoratore subordinato chi si obbliga – a fronte del pagamento di una retribuzione – a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale sotto la direzione dell'imprenditore.

La giurisprudenza maggioritaria ritiene, in particolare, che la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato possa essere dimostrata provando la soggezione del lavoratore al potere disciplinare, direttivo e di controllo da parte del datore di lavoro.

L’assoggettamento a un tale potere datoriale può, peraltro, essere desunta anche da una serie di circostanze.

La Corte, con l’ordinanza n. 1095 del 2023 oggi in commento, ha, infatti, stabilito che laddove non sussista la prova diretta dell’eterodirezione, ai fini della riqualificazione di un rapporto di lavoro autonomo in uno di natura subordinata, è possibile fare riferimento ad altri elementi, indiziari, quali, ad esempio, la continuità della prestazione, il rispetto di un orario di lavoro predeterminato, la percezione fissa di un compenso, l'assenza di rischio imprenditoriale e di una struttura organizzativa in capo al lavoratore.

Questi elementi, identificati dalla Corte come indizi, possono fondare prova presuntiva della subordinazione e quindi assumere valore decisivo ai fini della qualificazione del rapporto.

Nel caso in esame, l'indagine dei giudici di merito è partita dalla qualificazione del rapporto formalmente individuata dalle parti e, nel corso del giudizio, il lavoratore ha portato all’attenzione dei giudici il fatto di essersi avvalso di strumenti di lavoro forniti dal committente, che quest’ultimo esercitava un controllo quotidiano sull’orario di lavoro e che funzioni del tutto analoghe a quelle da lui svolte erano affidate anche ad un altro lavoratore subordinato della società.

La Corte di Cassazione, avvalorando il giudizio dei giudici di merito, ha, quindi, confermato che è possibile accertare l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato anche in assenza di prova dell'eterodirezione qualora vi siano elementi indiziari della subordinazione che possano fondare le pretese del lavoratore di veder diversamente qualificata la propria prestazione formalmente qualificata dalle parti con le modalità del lavoro autonomo.