Colors - Il ciclo di mostre pensate per Morri Rossetti
Colors è un ciclo di mostre pensate per Morri Rossetti incentrato sull’idea della vitalità della pittura e del colore e sul rapporto ambiguo esistente ancora oggi tra astrazione e figurazione, attraverso l’opera di artisti contemporanei italiani e stranieri ben inseriti nel sistema dell’arte attuale come Marco Petrus, Giovanni Frangi, Shinya Sakurai, Roberto Floreani, Media Zabih Kashani, Alex Caminiti, Felipe Cardeña, Aldo Damioli.
A contribuire alla riflessione sul rapporto incerto e volutamente ambiguo tra figurazione e astrazione a cui si assiste in questi primi decenni del Duemila, in mostra vengono presentati anche alcuni quadri di autori molto conosciuti, e in certi casi anche ampiamente storicizzati, come Mimmo Rotella e Valerio Adami, nei quali il ragionamento circa la difficoltà di tracciare una linea netta di demarcazione tra iconico e aniconico diventa esso stesso un elemento centrale e determinante del lavoro; o, ancora, alcuni quadri di artisti, come Davide Nido, che per primi hanno utilizzato materiali insoliti e tecniche provenienti dalla lavorazione industriale o artigianale, come le colle a caldo, per ridare nuova linfa a un linguaggio, come quello astratto, che in questi anni aveva rischiato di essere considerato esaurito e di minore urgenza e pregnanza nell’ambito del dibattito artistico contemporaneo.
Shinya Sakurai (Hiroshima, Giappone, 1981) è un giovane artista giapponese che vive e lavora tra il Giappone e l’Italia. Trascorrendo da molti anni parte del suo tempo in Italia, lo stesso sguardo sull’arte di Shinya Sakurai si è in qualche modo sdoppiato, diventando binario: da una parte l’influenza della cultura e dell’immaginario orientali, che costituiscono le sue radici e la sua base di partenza originaria, dall’altra l’iconografia occidentale, e in particolare italiana, che tende sempre più a mescolarsi con quella orientale. Così, ad esempio, in molte opere l’artista adopera l’antica tecnica nipponica della colorazione delle stoffe, detta shibori, mentre l’utilizzo di alcuni simboli occidentali, come le croci cattoliche, o l’uso di colori dichiaratamente pop, o ancora l’utilizzo di simboli “virali” e contemporanei, come quello del cuore (oggi divenuto icona universale nel linguaggio social dei “like”) testimoniano lo stretto rapporto dell’artista con la cultura contemporanea globalizzata.
Al di là delle simbologie che si possono rintracciare qua e là lungo le coloratissime geometrie di cui sono costituite le tele dell’artista, fatte quasi sempre di elementi sempre ripetuti e sempre uguali gli uni agli altri (cerchi, cuori, elementi geometrici che vanno a formare il pattern della composizione), è un fatto che quello di Sakurai sia fondamentalmente un atto di riordinazione simbolica del mondo, attraverso un processo di decontestualizzazione delle immagini e dei simboli dal loro significato originario, e di avvicinamento tra realtà naturale e mondo artificiale.
Quello di Sakurai appare così come un ragionamento, fortemente stilizzato e particolarmente ricco dal punto di vista cromatico, sulle strutture sottili di cui è intessuto il mondo fenomenico, ravvivato da una corrente di energia primitiva e algoritmica, in un complesso gioco di colori vivi, acidi, fortemente contrastati e magicamente armonizzati tra di loro, che ne aumentano il potere di straniamento e di forza simbolica.
Anche Alex Caminiti (Messina, 1977) lavora sul sottile crinale che separa astrazione e figurazione. Il percorso di Caminiti si è sviluppato, con apparente discontinuità ma con grande coerenza espressiva, a partire da una ricerca pittorica fondamentalmente classica, fatta di attenzione alla figura e alla lezione italiana, fino a una ritrovata libertà espressiva e coloristica, che trova in forme di autonomia del segno e di assoluta indipendenza del colore il suo punto focale essenziale e dominante. Il tratto prevalente della poetica di Caminiti è il folle e caotico rigenerarsi della forma, laddove essa è stata precedentemente decostruita, recidendo innanzitutto il rapporto che la legava alla rappresentazione del reale. Ma Caminiti non è “soltanto” un artista informale. Il suo è un percorso di ricerca sul senso stesso del fare arte, quasi una metafora del cammino che un artista si trova a compiere nell’atto stesso della creazione di un’opera: dall’accumulazione di riferimenti pre-esistenti, di taglio figurativo e non, accumulati nel corso della propria ricerca stilistica, al ritrovamento di un “punto di rottura” all’interno della stessa composizione (spesso identificabile nel segno vorticoso delle sue “orbitali”), fino alla ricomposizione degli stimoli ricevuti, in funzione espressiva, in un unico gesto sul corpo della tela, che in qualche modo sembra contenerli tutti.
Ecco allora che il processo di decostruzione di stimoli, tradizioni pittoriche, riferimenti simbolici e formali accumulati (anche suo malgrado) nell’occhio e nella testa dell’artista, ritrova piano piano una sua strada autonoma per tornare a farsi, a suo modo, forma, e senso, e costruzione simbolica, attraverso la forza espressiva del gesto e del colore, come sempre avviene nella migliore tradizione astratta.
Infine, il lavoro di Media Zabih Kashani, giovane artista iraniana di stanza a Milano, si pone come interessante spunto di riflessione sul rapporto che intercorre tra spazio reale e illusorio, tra la reale consistenza del materiale e la sua rappresentazione simbolica, e ancora tra l’immagine dell’opera, la percettività visiva di chi la guarda e la realtà oggettiva e palpabile dei materiali e dei supporti utilizzati.
Media Kashani utilizza infatti sempre tesserine di carta colorata per creare un pattern di fondo che sembra ricordare in maniera stupefacente l’effetto del mosaico. I suoi quadri appaiono così come dei manufatti articolati e complessi, formati da decine e decine di piccole tessere colorate che ripercorrono incessantemente, pur con centinaia di sfumature differenti e di sottili mutamenti di tono, un medesimo colore, arrivando a creare una superficie del quadro che appare insieme compatta ed evanescente, statica e dinamica, straordinariamente coerente ma anche sorprendentemente ambigua e sfuggevole a ogni definizione.