The Principal Purpose Test and the Principle of Good Faith: Two Sides of the Same Coin?
L’articolo analizza alcune questioni sorte in merito alla vera natura della PPT rule (i.e., la norma antiabusiva generale che introduce il c.d. “Principal Purpose Test”), al rapporto di tale norma con il principio di interpretazione dei trattati secondo buona fede ed alla sua efficacia nel sistema giuridico italiano.
In termini generali, la PPT rule è destinata a trovare applicazione nel caso in cui (i) uno degli scopi principali dell’accordo o transazione sia di conseguire un vantaggio derivante da un trattato contro le doppie imposizioni e (ii) il conseguimento di tale vantaggio in base a tali circostanze sia in contrasto con l’oggetto e lo scopo del trattato.
In base all’articolo 14 dell’Action 6, la PPT rule è espressione di un “existing guiding principle” volto ad impedire al contribuente di sfruttare le disposizioni convenzionali per vantaggi fiscali.
Tali considerazioni sollevano un interrogativo in merito all’efficacia della PPT rule nell’ordinamento giuridico italiano.
Al contribuente (ed al consulente) si pone il problema di rispondere ai seguenti interrogativi: (i) quale sia questo “existing guiding principle”; (ii) se possa essere individuato nel “principio di buona fede” (iii) quale sia la relazione tra la PPT rule ed i trattati contro le doppie imposizioni esistenti.
L’articolo tenta di fornire alcune possibili risposte. Le conclusioni degli Autori sono tratte alla luce della Convenzione Multilaterale, della posizione OCSE, della dottrina e della giurisprudenza.
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