“Cold case” Sargonia Dankha:
l'Avv. F. Rubino riapre il caso dopo 28 anni
Dopo 28 anni, l’Avv. Francesco Rubino è riuscito a far riaprire il «cold case» di Sargonia Dankha, la 21enne svedese di origini irachene scomparsa a Linköping nel 1995.
Un caso complesso non solo sul piano processuale, ma anche per gli innumerevoli ostacoli – dalla transnazionalità della vicenda alla giurisdizione, passando per la competenza territoriale e il rischio della prescrizione.
Dopo un lungo lavoro di ricostruzione dei fatti e di accurata analisi dei verbali della polizia svedese, sono stati creati i presupposti giuridici per far aprire un procedimento penale in Italia, in quanto l’ex fidanzato – unico sospettato – è di origini italiane e risiede a Sanremo.
Per decenni, la famiglia ha sollecitato invano la procura svedese al fine di far riaprire il caso, poiché secondo la giurisprudenza del paese scandinavo, non era (e non è tutt’oggi) possibile avviare un procedimento per l’accusa di omicidio senza che venga ritrovato il corpo della vittima.
Grazie alle connessioni internazionali dello Studio, l’Avv. Rubino è stato contattato dalla famiglia della vittima e insieme al suo team – che si occupa anche di tutela dei soggetti deboli – è riuscito a far aprire un procedimento presso la Procura di Imperia che ha portato all’esecuzione della massima misura cautelare.
“Le indagini devono ancora chiudersi” – spiega l’Avv. Rubino – “ma è stato fatto un primo importante passo per la famiglia di Sargonia, che non ha mai smesso di crederci. È un caso molto complesso, forse unico, ma grazie ad un lavoro lungo e meticoloso dell’intero dipartimento, siamo giunti a un’importante prima svolta in questa vicenda”.
La notizia è stata riportata dalle maggiori testate a livello locale e nazionale, tra cui Il Corriere della Sera con un’intervista esclusiva all’Avvocato (disponibile qui).
Media coverage
Testate nazionali
- Il Corriere della Sera – intervista esclusiva
- La Repubblica
- La Repubblica
- Rainews
- Il Secolo XIX
- Corriere della Calabria
- La Repubblica
- La Stampa
- Il Secolo XIX
Testate svedesi