Affitto di azienda e concordato: l’orientamento assunto dalla Corte d’Appello di Firenze
La Corte d’Appello di Firenze con la sentenza del 5 aprile 2017 n. 760 ha affermato che: “un concordato preventivo non può qualificarsi in continuità aziendale ai sensi dell'art. 186-bis l. fall. per il fatto che sia in corso un contratto di affitto di azienda; la fattispecie del concordato con continuità aziendale può, infatti, ravvisarsi solo se esso preveda la prosecuzione dell'attività di impresa e quindi l'assunzione del relativo rischio ed è caratterizzato dalla modalità di adempimento dell'obbligazione di pagamento che presuppone la prosecuzione dell'attività in capo al debitore”.
Nel caso di specie, il Tribunale di Firenze dichiarava il fallimento di una S.r.l. a seguito della dichiarazione di inammissibilità della domanda di concordato preventivo presentata dalla società, ritenendo sostanzialmente che:
- la proposta concordataria era incentrata sulla dismissione del patrimonio immobiliare (costituito principalmente da due alberghi) e mobiliare (arredi, impianti, cessione dell'avviamento ecc.);
- al momento della presentazione della domanda, il complesso aziendale risultava già concesso in affitto a una terza società, in forza di pregresse scelte imprenditoriali;
- il concordato era caratterizzato da una componente di continuità indiretta in forza del predetto contratto di affitto, ma anche da una componente liquidatoria derivante dalla previsione della cessione degli immobili e dei beni mobili strumentali e strettamente funzionali all'esercizio dell’attività di impresa. Il concordato doveva pertanto qualificarsi come “misto”;
- in considerazione della componente data dalla continuità (indiretta), risultava conseguentemente necessaria l'attestazione ex art. 186-bis, comma 2, lett. b) l. fall., nel caso di specie del tutto assente;
La società debitrice proponeva reclamo dinanzi alla Corte di Appello avverso il provvedimento del Tribunale di Firenze ai sensi degli artt. 18 e 162 l. fall. sostenendo inter alia:
- che il giudice di prime cure avesse erroneamente qualificato la domanda concordataria come in continuità in quanto la stessa aveva invece natura liquidatoria;
- l’affitto d'azienda (già in corso al momento della presentazione della domanda di con concordato) non era di per sé idoneo a qualificare la proposta come concordato in continuità piuttosto che liquidatorio;
- anche volendo qualificare la proposta concordataria come mista, il decreto di inammissibilità doveva comunque ritenersi illegittimo considerato che la disciplina applicabile dipende dalla prevalenza dell'una o dell'altra componente: nella fattispecie in esame, secondo il ricorrente, prevaleva la componente liquidatoria;
- tenuto conto della natura liquidatoria del concordato e della conseguente inapplicabilità della disciplina di cui all'art. 186 bis l. fall., doveva ritenersi che la relazione dell'attestatore e la documentazione allegata fossero idonee e conformi alla legge.
La Corte fiorentina, condividendo le tesi svolte dal reclamante, accoglie i motivi di reclamo e per l’effetto revoca il decreto di inammissibilità del concordato preventivo proposto dalla S.r.l. dichiarando nulla la sentenza di fallimento.
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