Labour law

Controllo del patrimonio aziendale: ammessi i controlli difensivi occulti per accertare comportamenti illeciti

Con la recentissima sentenza n. 10636 del 2 maggio 2017 la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in materia di controlli difensivi occulti (ossia di quell’insieme di strumenti installati dall’azienda per la tutela del proprio patrimonio) e dell’utilizzabilità delle informazioni acquisite attraverso tali strumenti anche a fini disciplinari.

La vicenda ha riguardato il dipendente di una cooperativa della grande distribuzione, che era stato ripreso dalle telecamere installate da un’agenzia investigativa (con cui il datore aveva sottoscritto apposito contratto) mentre prelevava - per ben nove volte nell’arco di sei giorni - alcuni prodotti dal reparto dolciumi per uso personale; a seguito della scoperta di tali condotte e dopo la contestazione disciplinare, il lavoratore era stato licenziato.

Occorre precisare che la telecamera era stata collocata in modo tale da riprendere unicamente lo scaffale su cui erano posizionati i prodotti dolciari, le cui operazioni di movimentazione erano affidate ai c.d. merchandiser, addetti di agenzie esterne, e non ai dipendenti diretti dell’azienda datrice.

Il provvedimento espulsivo, che era stato impugnato dal lavoratore con ricorso al Tribunale di Terni, è stato dichiarato illegittimo in primo grado. Contro tale decisione ha proposto ricorso l’azienda alla Corte d’Appello di Perugia, che ha riformato la sentenza impugnata accogliendo le ragioni datoriali, sul presupposto che i sistemi di video sorveglianza apposti dalla società integrassero un’ipotesi di controllo difensivo occulto. Infine, la Suprema Corte, attraverso la sentenza in commento, ha rigettato il ricorso del dipendente, confermando la facoltà del datore di lavoro di adottare strumenti di controllo a carattere difensivo per la tutela del patrimonio aziendale.

Secondo quanto statuito dai Giudici della Suprema Corte, conformemente alle proprie più recenti pronunce, i controlli difensivi occulti, anche se attuati da personale esterno all’organizzazione aziendale, in quanto diretti all’accertamento di comportamenti illeciti distinti e differenti dal mero inadempimento della prestazione lavorativa, non richiedono tout court il preventivo accordo con le rappresentanze sindacali né alcuna specifica autorizzazione ex art. 4 St. Lav. e sono tendenzialmente ammessi purché ottenuti senza risultare eccessivamente invasivi e tali da tutelare la libertà e la dignità dei dipendenti

Gli Ermellini, pertanto, hanno ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito, secondo cui nel caso di specie l’attività di controllo posta in essere dal datore di lavoro non riguardava l’espletamento della prestazione lavorativa da parte del personale dipendente, ma era diretta alla tutela del patrimonio aziendale.

Conseguenza della tendenziale ammissibilità dei controlli difensivi occulti è l’utilizzabilità delle informazioni che vengono acquisite attraverso tali strumenti di controllo anche per sanzionare condotte rilevanti disciplinarmente.

Pertanto, un’azienda, come accaduto nel caso in esame, potrà servirsi delle immagini riprese dalle telecamere posizionate per il controllo e la difesa del proprio patrimonio quando da esse dovesse risultare il comportamento illecito di un lavoratore che attenti ai beni aziendali, tale da ledere il vincolo fiduciario che deve legare il datore di lavoro e il dipendente.