Crypto arte, NFT, certificato di autenticità e diritti d'autore
Per il dizionario Collins, NFT (acronimo di Not Fungible Token) è stata la parola dell’anno 2021. E in effetti quello che sta per concludersi è stato davvero (anche) l’anno degli NFT.
A marzo, ce lo ricordiamo tutti, è stata battuta per la prima volta da Christie’s, per la cifra record di oltre 69 milioni di dollari, un’opera d’arte in questo formato, vale a dire il lavoro di Beeple intitolato Everydays: the first 5000 days; a giugno, Sotheby’s ha ospitato sulla sua piattaforma on line una vendita dedicata esclusivamente agli NFT intitolata Natively Digital: A Curated NFT Sale, mentre a ottobre Christie’s ha battuto all’asta per oltre un milione di dollari il primo NFT di un’opera fotografica, cioè il lavoro realizzato da Justin Aversano dal titolo Twin Flames #83.
Pare quindi che tocchi anche a noi fare il nostro intervento in materia. L’argomento è tuttavia complesso perché la tecnologia sottesa (principalmente la blockchain) non è di facile comprensione per un non addetto ai lavori. Ci limitiamo quindi qui a tentare di delineare in che modo gli NFT possano avere degli impatti in relazione a due degli aspetti legali più rilevanti in merito alla circolazione delle opere d’arte, vale a dire il certificato di autenticità e il trasferimento dei diritti d’autore.
Ma prima vogliamo dire una cosa: il merito principale dei Not Fungible Token e della tecnologia ad essi relativa pare essere quello per cui un’opera digitale, e dunque potenzialmente riproducibile per un numero infinito di volte (e qui sarebbe il caso di citare Benjamin), diventa unica, con evidenti ripercussioni anche e soprattutto da un punto di vista economico: ciò che è unico è maggiormente desiderabile e aumenta di conseguenza il proprio valore.
L'articolo è pubblicato in forma integrale su Collezione da Tiffany.