Frodi IVA, il riparto dell'onere probatorio e il problema delle verifiche su terzi
Il presente contributo intende delineare un quadro generale dello stato dell’arte in merito all’annosa problematica degli aspetti processuali e dei profili di difesa del contribuente in caso di contestazione, da parte dell’Amministrazione finanziaria, di operazioni soggettivamente inesistenti.
Più in dettaglio, ci si soffermerà sulle ipotesi di accertamento di indebita detrazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) a fronte di operazioni commerciali di cui venga contestata in nuce la falsità soggettiva, con particolare enfasi sull’ipotesi peculiare dell’accertamento fondato su elementi probatori desunti da verifiche precedentemente svolte nei confronti di soggetti terzi e ignoti al contribuente accertato, problematica su cui si è recentemente pronunciata la Corte di Giustizia dell’Unione europea che andremo ad esaminare nel prosieguo.
Di frequente l’Amministrazione finanziaria effettua accertamenti volti a negare l’operatività del generale principio di detrazione dell’IVA, disciplinato dall’art. 19 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, a operatori commerciali ritenuti essere parte di un meccanismo decettivo finalizzato all’evasione di imposta (c.d. frode carosello) in qualità di anelli ultimi e periferici di una più ampia e articolata concatenazione fraudolenta.