Contenzioso tributario

La buona fede nella prospettiva del contribuente

La Corte di Cassazione ha posto l'accento sul disvalore della condotta del contribuente, il quale, in palese violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede che gli imponevano di segnalare all'Amministrazione finanziaria l'errore manifestoin cui era incorsa nel comunicare la data di fissazione del contraddittorio preaccertativo, ha fatto uso abusivo dellanorma che, nel caso di accertamenti standardizzati mediante l'applicazione degli studi di settore, sanziona con la nullità la violazione dell'obbligo di attivare il contraddittorio.


Per l'Amministrazione finanziaria l'obbligo di attivazione del contraddittorio preventivo è assolto con l'invio dell'invito

Il caso esaminato dalla Corte di Cassazione nella sentenza in commento riguarda la notifica di un avviso di accertamento recante la contestazione di maggiori IRES, IRAP e IVA, determinate applicando gli studi di settore, preceduto dall'obbligatorio, vigente al tempo dei fatti, invito a comparire per l'instaurazione del contraddittorio preaccertativo (art. 10 c. 3-bis L. 146/98).

L'AE non avvedendosi che nell'invito al contraddittorio, spedito in data 24 novembre 2010, era stata erroneamente indicata per l'incontro la data del 24 settembre 2010, già decorsa, emetteva in data 10 dicembre 2010 l'atto impositivo.

In entrambi i gradi di merito veniva riconosciuta l'invalidità dell'accertamento per vizio di contraddittorio anticipato, stante l'applicazione degli studi di settore per i quali, ancor prima della generalizzazione del contradditorio preventivo a opera del DL 34/2019, detta sanzione era normativamente prevista.

In Cassazione, invece, il grimaldello difensivo utilizzato dal Contribuente si rivelava inefficace, perché secondo i Giudici in ossequio ai principi generali di leale collaborazione e buona fede richiamati nell'art. 10 L. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente), a fronte del manifesto errore in cui era incorsa l'AE, il contribuente avrebbe dovuto farsi parte diligente nella coltivazione del contraddittorio, segnalando all'AE l'erronea indicazione della data di comparizione.


Buona fede: il principio riguarda la condotta di entrambe le parti del rapporto tributario

Il principio della buona fede è stato esplicitato dall'art. 10 dello Statuto, rubricato «Tutela dell'affidamento e della buona fede. Errori del contribuente», a tenore del quale i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede, anche se, ancor prima della sua entrata in vigore, doveva comunque essere annoverato tra quelli immanenti nell'ordinamento tributario di derivazione costituzionale (artt. 97, 53 e 3 Cost.; Cass. 10 dicembre 2002 n. 17576).

Nella prospettiva dell'Amministrazione finanziaria la regola di buona fede è stata oggetto di un notevole interessamento da parte della giurisprudenza, tanto di merito che di legittimità, che ha sancito, ad esempio, l'obbligo di correggere gli errori macroscopici in cui sia incorso in buonafede il contribuente (Cass. 10 settembre 2001 n. 11545).

Meno agevole risulta comprendere, invece, la portata applicativa della regola di buona fede riferita al contribuente.

In questo contesto va inquadrata la decisione della Suprema Corte che in veste figurata di arbitro della partita tra Amministrazione finanziaria e Contribuente ha inteso valorizzare il dovere di buona fede cui sono tenuti tutti i giocatori in campo, tanto più che nel caso esaminato era intercorso un ragionevole lasso di tempo tra la spedizione dell'invito al contraddittorio (i.e. 24 novembre) e la notifica dell'avviso di accertamento (i.e. 30 dicembre) e, di conseguenza, il comportamento inerme del Contribuente che aveva omesso scientemente di segnalare l'indicazione errata della data di comparizione per l'espletamento del contraddittorio, alla luce dei valorizzati principi di leale collaborazione e buona fede, era ingiustificabile.


Il principio di diritto

In conclusione, per i Giudici non è sanzionabile il comportamento dell'Amministrazione finanziaria che si sia comunque adoperata per l'instaurazione del contraddittorio preventivo, ma quello del Contribuente che, consapevole del macroscopico e manifesto errore dell'altra parte, non si sia attivato per porvi rimedio, e anzi abbia fatto un uso abusivo della norma sanzionatoria a suo favore.

Il dovere di collaborazione e buona fede non può essere concepito, infatti, come un principio guida soltanto dell'azione amministrativa tributaria, ai sensi dell'art. 97 c. 1 Cost., ma deve improntare – ai sensi dell'art. 10 dello Statuto dei diritti del contribuente, che in quanto espressiva di principi generali, anche di rango costituzionale, adempie a una funzione di orientamento ermeneutico vincolante per l'interprete – anche la condotta del Contribuente imponendogli “un generale dovere di correttezza volto a evitare comportamenti capziosi, dilatori, sostanzialmente connotati da abuso di diritti e tesi a eludere una giusta pretesa tributaria”.

La Corte di Cassazione ha posto l'accento sul disvalore della condotta del contribuente, il quale, in palese violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede che gli imponevano di segnalare all'Amministrazione finanziaria l'errore manifestoin cui era incorsa nel comunicare la data di fissazione del contraddittorio preaccertativo, ha fatto uso abusivo dellanorma che, nel caso di accertamenti standardizzati mediante l'applicazione degli studi di settore, sanziona con la nullità la violazione dell'obbligo di attivare il contraddittorio.


Per l'Amministrazione finanziaria l'obbligo di attivazione del contraddittorio preventivo è assolto con l'invio dell'invito

Il caso esaminato dalla Corte di Cassazione nella sentenza in commento riguarda la notifica di un avviso di accertamento recante la contestazione di maggiori IRES, IRAP e IVA, determinate applicando gli studi di settore, preceduto dall'obbligatorio, vigente al tempo dei fatti, invito a comparire per l'instaurazione del contraddittorio preaccertativo (art. 10 c. 3-bis L. 146/98).

L'AE non avvedendosi che nell'invito al contraddittorio, spedito in data 24 novembre 2010, era stata erroneamente indicata per l'incontro la data del 24 settembre 2010, già decorsa, emetteva in data 10 dicembre 2010 l'atto impositivo.

In entrambi i gradi di merito veniva riconosciuta l'invalidità dell'accertamento per vizio di contraddittorio anticipato, stante l'applicazione degli studi di settore per i quali, ancor prima della generalizzazione del contradditorio preventivo a opera del DL 34/2019, detta sanzione era normativamente prevista.

In Cassazione, invece, il grimaldello difensivo utilizzato dal Contribuente si rivelava inefficace, perché secondo i Giudici in ossequio ai principi generali di leale collaborazione e buona fede richiamati nell'art. 10 L. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente), a fronte del manifesto errore in cui era incorsa l'AE, il contribuente avrebbe dovuto farsi parte diligente nella coltivazione del contraddittorio, segnalando all'AE l'erronea indicazione della data di comparizione.

Buona fede: il principio riguarda la condotta di entrambe le parti del rapporto tributario

Il principio della buona fede è stato esplicitato dall'art. 10 dello Statuto, rubricato «Tutela dell'affidamento e della buona fede. Errori del contribuente», a tenore del quale i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede, anche se, ancor prima della sua entrata in vigore, doveva comunque essere annoverato tra quelli immanenti nell'ordinamento tributario di derivazione costituzionale (artt. 97, 53 e 3 Cost.; Cass. 10 dicembre 2002 n. 17576).

Nella prospettiva dell'Amministrazione finanziaria la regola di buona fede è stata oggetto di un notevole interessamento da parte della giurisprudenza, tanto di merito che di legittimità, che ha sancito, ad esempio, l'obbligo di correggere gli errori macroscopici in cui sia incorso in buonafede il contribuente (Cass. 10 settembre 2001 n. 11545).

Meno agevole risulta comprendere, invece, la portata applicativa della regola di buona fede riferita al contribuente.

In questo contesto va inquadrata la decisione della Suprema Corte che in veste figurata di arbitro della partita tra Amministrazione finanziaria e Contribuente ha inteso valorizzare il dovere di buona fede cui sono tenuti tutti i giocatori in campo, tanto più che nel caso esaminato era intercorso un ragionevole lasso di tempo tra la spedizione dell'invito al contraddittorio (i.e. 24 novembre) e la notifica dell'avviso di accertamento (i.e. 30 dicembre) e, di conseguenza, il comportamento inerme del Contribuente che aveva omesso scientemente di segnalare l'indicazione errata della data di comparizione per l'espletamento del contraddittorio, alla luce dei valorizzati principi di leale collaborazione e buona fede, era ingiustificabile.


Il principio di diritto

In conclusione, per i Giudici non è sanzionabile il comportamento dell'Amministrazione finanziaria che si sia comunque adoperata per l'instaurazione del contraddittorio preventivo, ma quello del Contribuente che, consapevole del macroscopico e manifesto errore dell'altra parte, non si sia attivato per porvi rimedio, e anzi abbia fatto un uso abusivo della norma sanzionatoria a suo favore.

Il dovere di collaborazione e buona fede non può essere concepito, infatti, come un principio guida soltanto dell'azione amministrativa tributaria, ai sensi dell'art. 97 c. 1 Cost., ma deve improntare – ai sensi dell'art. 10 dello Statuto dei diritti del contribuente, che in quanto espressiva di principi generali, anche di rango costituzionale, adempie a una funzione di orientamento ermeneutico vincolante per l'interprete – anche la condotta del Contribuente imponendogli “un generale dovere di correttezza volto a evitare comportamenti capziosi, dilatori, sostanzialmente connotati da abuso di diritti e tesi a eludere una giusta pretesa tributaria”.


L'articolo è pubblicato su MementoPiù.