Diritto dell’arte e dei beni culturali

Mercato dell’arte e antiriciclaggio: cosa è cambiato

Nonostante l’attuale contrazione del mercato dovuta alla crisi epidemiologica in corso, stando agli ultimi dati disponibili, e in particolare al report The Art Market 2020, i valori delle transazioni nel mercato dell’arte e dell’antiquariato si sono aggirati, nel corso del 2019, attorno ai 64 miliardi di dollari. Si può dunque parlare di un giro d’affari di tutto rispetto, anche tenendo conto del fatto che, se da un lato è diminuito in termini assoluti il valore delle vendite, dall’altro è aumentato di due punti percentuali il numero delle transazioni, che ha raggiunto i 40 miliardi di dollari e il record più alto degli ultimi dieci anni.
È evidente che un tale giro d’affari ha sensibilizzato i legislatori circa la necessità di introdurre degli adempimenti e degli obblighi che garantiscano un più alto grado di controllo per rendere il mercato dell’arte più trasparente, anche sotto il profilo dell’eventuale riciclaggio di denaro e finanziamento del terrorismo.

Soggetti e obblighi della normativa

A questo fine, nel recepire la Direttiva UE 843/2018 (V Direttiva), che ha modificato la Direttiva 849/2015 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo (recepita in Italia dal D. Lgs. 125/2019, in vigore dal 10 novembre scorso), il legislatore ha ampliato tra l’altro il novero dei soggetti destinatari degli obblighi contenuti nella normativa stessa.
Tra questi sono stati così inclusi coloro “che esercitano attività di commercio di cose antiche e di opere d’arte o che agiscono in qualità di intermediari nel commercio delle medesime opere, anche quando tale attività è effettuata da gallerie d’arte o case d’asta” nonché coloro “che conservano o commerciano opere d’arte, ovvero che agiscono da intermediari nel commercio delle stesse, qualora tale attività è effettuata all’interno di porti franchi”.
Per porti franchi si intendono quelle zone che, pur rientrando all’interno del territorio doganale dello Stato, sono sottratte al regime doganale ordinario per effetto di una finzione legale di extraterritorialità. Le zone franche sono assoggettate a uno speciale regime di franchigia grazie al quale tutte le operazioni inerenti al traffico commerciale (dall’introduzione, al deposito, al magazzinaggio, alla commercializzazione) sono esenti da dazi e dal regime di formalità e di sorveglianza ordinariamente applicabile nell’ambito del territorio doganale. È evidente come una zona sottoposta a un regime di questo tipo possa agevolare il rischio di riciclaggio consentendo di dissimulare la provenienza o la destinazione dei beni, in molti casi trafugati dal territorio italiano (si pensi in particolare ai reperti archeologici).
Se l’inserimento dei porti franchi nella normativa antiriciclaggio è certamente positivo, non va dimenticato che la Direttiva si applica solo agli Stati membri dell’Unione Europea: è così esclusa ad esempio la Svizzera dove, a Ginevra, insistono due porti franchi particolarmente importanti.

Le azioni concrete antiriciclaggio

I soggetti di cui abbiamo detto sono tenuti a:

1) effettuare l’adeguata verifica sia sugli acquirenti che sui venditori di opere d’arte quando, il valore dell’operazione, anche se frazionata, supera i 10mila euro; il che ricomprende la maggior parte della compravendita di opere d’arte, quantomeno nel mercato secondario;

2) predisporre e inviare alla Banca d’Italia le segnalazioni delle c.d. “operazioni sospette”, vale a dire le operazioni per le quali “sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo o che comunque i fondi, indipendentemente dalla loro entità, provengano da attività criminosa“.

L’obbligo di adeguata verifica al fine di capire se l’operazione è sospetta o meno consiste, tra l’altro, nel raccogliere la documentazione che dimostri la provenienza dei fondi utilizzati per l’acquisto dell’opera d’arte o della cosa antica, e nel predisporre e compilare un questionario che dimostri l’attribuzione del livello di rischio sia per il venditore che per l’acquirente.
Da evidenziare infine che le segnalazioni di operazioni sospette, se poste in essere in buona fede e per le finalità previste dalla normativa, non costituiscono violazione di eventuali restrizioni alla comunicazione di informazioni imposte in sede contrattuale o da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative e non comportano responsabilità di alcun tipo. Si fa notare inoltre che l’identità del segnalatore rimane segreta.
È importante che i nuovi soggetti obbligati rispettino le regole imposte dalla normativa antiriciclaggio non soltanto per evitare l’applicazione delle sanzioni previste ma con lo spirito di aiutare le autorità nella lotta contro il riciclaggio di denaro sporco e il finanziamento del terrorismo, rendendo più trasparenti le operazioni poste in essere.

Articolo pubblicato su Artribune.