Nuove regole in caso di cambio appalto: diviene doverosa una verifica preventiva sulla sussistenza dei presupposti del trasferimento d’azienda
Dal 23 luglio 2016 è entrato in vigore il nuovo co. 3 dell’art. 29 D. Lgs. n. 276/03 (Legge Biagi), come modificato dall’art. 30 D. Lgs. n. 122/16 (Legge comunitaria), pubblicato nella GU n. 158 dell’8 luglio 2016.
Tale legge è intervenuta in maniera rilevante sulla disciplina applicabile in caso di cambio di appalto, modificando la previsione di cui al co. 3 dell’art. 29 della Legge Biagi, che escludeva espressamente che in questo tipo di successione contrattuale operassero le regole del trasferimento d’azienda di cui all’art. 2112 c.c.
La novità normativa consegue ad una procedura avviata nei confronti dell’Italia da parte della Commissione europea, che ha ritenuto tale previsione non conforme ai principi della Direttiva 2001/23/CE del 12 marzo 2001.
L’art. 2112 c.c. prevede che in caso di trasferimento d’azienda o di ramo d’azienda i lavoratori che prestano servizio alle dipendenze del cedente proseguano il loro rapporto senza soluzione di continuità presso il cessionario, con il mantenimento dei diritti già acquisiti e con l’applicazione dei trattamenti economici e normativi previsti dal contratto collettivo in vigore presso il cedente (fino alla sua naturale scadenza).
L’art. 30 del sopraccitato Decreto dispone che “l’acquisizione del personale già impiegato nell’appalto a seguito di subentro di nuovo appaltatore dotato di propria struttura organizzativa e operativa, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d’appalto, ove siano presenti elementi di discontinuità che determinano una specifica identità di impresa, non costituisce trasferimento d’azienda o di parte d’azienda”.
Se fino ad oggi nell’ipotesi di cambio appalto l’impresa subentrante, in caso di assunzione di lavoratori dal precedente rapporto contrattuale, non era tenuta a valutare se l’operazione configurasse (in quanto espressamente escluso dal vecchio testo della norma, fatte salve specifiche ipotesi previste dai contratti collettivi) un trasferimento d’azienda, ed era legittimata a rimodulare orari, mansioni e compensi del personale neoassunto, a seguito della predetta modifica legislativa il nuovo appaltatore, nel rispetto della procedura prevista ex art. 2112 c.c. si trova nella condizione di dover attivare preventivamente – sussistendone i presupposti - una procedura di consultazione con i Sindacati e di subentrare nei rapporti di lavoro che facevano capo al precedente appaltatore, garantendo ai lavoratori coinvolti non solo la continuità dei rapporti, ma anche l’anzianità di servizio, lo stipendio, l’orario e le mansioni proprie del contratto con l’ex appaltatore.
Il soggetto che subentra in un appalto diviene quindi esonerato dall’obbligo di applicazione della disciplina del trasferimento d’azienda solo se:
- a) è dotato di una propria struttura organizzativa e operativa;
- b) sussistono elementi di discontinuità con il precedente appaltatore;
Se sembra di più agevole interpretazione il primo presupposto, ben più complesso appare il secondo, che prevede che il servizio del nuovo appaltatore venga realizzato in modo “discontinuo” rispetto al precedente.
Il riferimento alla “struttura organizzativa” dell’appaltatore costituisce un chiaro richiamo agli indici già elaborati dalla giurisprudenza in materia, che hanno stabilito i presupposti di genuinità dell’appalto e che sono collegati alla sussistenza in capo al medesimo di una propria organizzazione di mezzi e del rischio d’impresa.
L’organizzazione dei mezzi si realizza quando l’appaltatore esercita un effettivo potere direttivo-organizzativo sulla propria forza lavoro (ed è provvisto degli strumenti di lavoro necessari allo svolgimento dell’opera/servizio) e quando assume l'alea economica dell'attività oggetto dell'appalto.
Tale presupposto potrà essere quindi valutato su una serie di parametri quali:
- la sussistenza in capo all’appaltatore di un’organizzazione tecnica ed economica di natura imprenditoriale;
- la sussistenza in capo all’appaltatore dell’effettivo esercizio del potere direttivo;
- il corrispettivo dell’appalto (pattuito con riferimento all’opera compiuta e non in base alla mera sommatoria delle ore di lavoro svolte dal personale adibito alla commessa);
- l’impiego di capitali, macchine e attrezzature del committente.
Diversamente, con riferimento al tema della “discontinuità”, si tratta di un parametro non valutabile da un punto di vista oggettivo, che potrebbe dar luogo ad incertezze e contenziosi, esponendo di fatto le società che subentrano in determinate tipologie di servizi a rischi non sempre preventivabili.
In altri termini, non sembrano sussistere, ad oggi, criteri chiari ed univoci in grado di determinare se un appalto sia in “discontinuità” rispetto al precedente.
Si dovrà dunque valutare con grande attenzione ed a caso a caso se il cambio d’appalto prefiguri o meno la fattispecie del trasferimento d’azienda.
La genericità della norma potrebbe dar luogo ad incertezze applicative e di conseguenza all'avvio di contenziosi derivanti da interpretazioni contrastanti dei Giudici del Lavoro.
È quindi auspicabile che vengano emanate quanto prima circolari ministeriali interpretative, volte a fornire criteri univoci ed oggettivi, in grado di rendere più agevole e certa l’attività degli operatori del settore in caso di cambio d’appalto.
Per ulteriori informazioni rivolgersi a:
Avv. Mario Gatti – mario.gatti@mralex.it