Diffamazione on-line e su social network. Mezzo stampa o mezzo pubblicitario?
Con riferimento all’utilizzo di internet per veicolare notizie diffamatorie, la Suprema Corte ha delineato un quadro che sebbene a prima vista possa sembrare preciso e compiuto nel senso del rispetto dei principi di determinatezza e tassatività, cela invero un non perfetto allineamento tra la teoria giuridica e la realtà dell’utilizzo degli strumenti informatici.
Da una parte, infatti, la Corte di Cassazione ha fornito una precisa distinzione tra la comunicazione effettuata mediante un “giornale on-line” e quella operata mediante i nuovi mezzi tecnologici di comunicazione (blog, social network, forum, etc.) fondata sul diverso strumento di veicolazione dell’informazione, ossia il “mezzo stampa” per il primo e l’“altro mezzo di pubblicità” per i secondi.
Tale discrimine non appare tuttavia trovare un solido fondamento giuridico-normativo nel momento in cui si evidenzia che, fino ad oggi, il legislatore non ha mai provveduto a definire compiutamente una nozione di c.d. “informazione professionale” né a livello ordinario né a livello costituzionale.
Dall’altro lato, l’esperienza ed il continuo progresso tecnico-informatico ci ha insegnato che la l’informazione “professionale” ben può essere veicolata mediante i nuovi strumenti di comunicazione, come i social network e, paradossalmente, proprio dalle stesse testate giornalistiche che comunicano per carta stampata o mediante siti on-line propri.
L’indirizzo interpretativo seguito dalla Suprema Corte – quasi obbligato vista l’inerzia legislativa sul tema delle comunicazioni online – non appare dunque conforme alla realtà digitale che vede con sempre maggiore frequenza la presenza di notizie di carattere professionale e giornalistico all’interno dei nuovi strumenti di comunicazione, come i social network.
Questa incoerenza, difficilmente rimediabile dall’operatore giuridico per via del divieto di interpretazione analogica, suggerisce la necessità di un intervento legislativo in materia al fine di regolamentare un quadro chiaro sulle responsabilità in caso di propalazione on-line di contributi penalmente censurabili.
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