Diritto penale dell’economia e dell’impresa

I rapporti penali tra il reato di fatture false e la truffa allo stato

La seconda sezione penale della Cassazione, con la sentenza n.12872 del 2016, si è concentrata sul reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, stabilendo che non è cumulabile con il reato di truffa allo stato.

Prima di affrontare le questioni di diritto, è utile un breve resoconto della vicenda processuale.

Il tribunale di Ferrara ha accertato la responsabilità di un imputato per i reati di cui agli art. 8 del D.Lgs. n. 74/2000 (reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti) e 640, 2 comma, n.1 c.p. (truffa ai danni dello Stato), condannandolo alla pena di anni cinque e mesi quattro di reclusione e ordinando altresì la confisca ai sensi dell’art. 640 quater c.p.

La Corte di Appello di Bologna ha dichiarato che non si doveva procedere nei confronti dell’imputato poiché i reati ascritti risultavano prescritti, nulla disponendo in ordine alla sorte delle cose confiscate.

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, censurando la decisione della Corte di Appello che ha ritenuto ravvisabile nel comportamento del ricorrente, oltre il delitto di cui all’art.8 del D.Lgs. n. 74/2000, anche il delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato e la mancata restituzione delle cose confiscate in relazione ad un reato estinto per prescrizione.

Tralasciando l’aspetto legato alla confisca, la sentenza risulta interessante e approfondisce in maniera esaustiva i rapporti tra il reato di frode fiscale e quello di truffa ai danni dello stato.

Venendo alla sentenza in esame, la Corte ha ritenuto fondato il ricorso. Ha anzitutto evidenziato l’orientamento prevalente della Cassazione, secondo il quale il delitto di frode fiscale, così come quello di emissione di fatture per operazioni inesistenti, si pone in rapporto di specialità rispetto a quello di truffa aggravata ex art. 640 c.p., in quanto connotato da uno specifico artificio e da una condotta a forma vincolata.

È opportuno sottolineare che il criterio di specialità è disciplinato dall’art.15 del c.p., a mente del quale è norma speciale quella che contiene tutti gli elementi costitutivi dell’altra generale con uno o più requisiti propri e caratteristici aventi funzione specializzante. Detto fenomeno determina un concorso c.d. apparente di norme, che di fatto viene sciolto in favore dell’applicazione della norma speciale, in presenza di un rapporto di continenza tra le stesse norme.

La Corte ha altresì rilevato che la negazione di un rapporto di specialità tra le due norme, confliggerebbe con la ratio ispiratrice del D.Lgs. n. 74/2000. La precedente disciplina si caratterizzava per  operare su una fase meramente preparatoria all’evasione d’imposta, mentre la riforma del 2000 ha focalizzato la risposta punitiva sulla dichiarazione annuale, quale atto che realizza il presupposto dell’evasione.  Tuttavia, il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti rappresenta un’eccezione all’interno del D.L.gs 74/2000 in quanto reprime una condotta preparatoria all’evasione. Siffatta scelta si spiega con l’intento del legislatore di contrastare il cosiddetto fenomeno delle cartiere, a monte della dichiarazione stessa. Peraltro, la Corte ha sottolineato la scelta del legislatore di escludere, per l’emittente di fatture o documenti per operazioni inesistenti,  la  punibilità a titolo di concorso nel reato di frode fiscale, previsto all’art.2 del D.L.gs 74/2000.

A fronte di quanto sopra riportato, per la Corte, qualsiasi condotta di frode al fisco configurabile ai sensi del nuovo dettato normativo, risulterebbe speciale rispetto ad una norma generale. Da ultimo, la Corte ha dedotto che anche il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti è da considerare speciale e non cumulabile con la truffa ai danni dello stato.

Tuttavia la Corte, per rafforzare la propria tesi, ha proposto un’ulteriore ragionamento. I giudici di via Cavour hanno valutato l’ipotesi per cui non intercorrerebbe tra le due norme in esame un rapporto di specialità. A livello teorico, si potrebbe ravvisare la mancanza di un’identità naturalistica delle due fattispecie incriminatrici; la truffa, infatti, necessiterebbe di ulteriori elementi, quali l’induzione in errore ed il danno, non contemplati dal reato di frode fiscale.

Orbene, data per acquisita siffatta ipotesi, il rapporto tra le due norme sarebbe comunque risolvibile in base al principio di consunzione o assorbimento, a mente del quale lo scopo della norma che prevede una fattispecie minore sia chiaramente assorbita dal reato più grave.

La Corte ha altresì rilevato che la negazione di un rapporto di specialità tra le due norme, confliggerebbe con la ratio ispiratrice del D.Lgs. n. 74/2000. La precedente disciplina si caratterizzava per operare su una fase meramente preparatoria all’evasione d’imposta, mentre la riforma del 2000 ha focalizzato la risposta punitiva sulla dichiarazione annuale, quale atto che realizza il presupposto dell’evasione.  Tuttavia, il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti rappresenta un’eccezione all’interno del D.L.gs 74/2000 in quanto reprime una condotta preparatoria all’evasione. Siffatta scelta si spiega con l’intento del legislatore di contrastare il cosiddetto fenomeno delle cartiere, a monte della dichiarazione stessa. Peraltro, la Corte ha sottolineato la scelta del legislatore di escludere, per l’emittente di fatture o documenti per operazioni inesistenti,  la  punibilità a titolo di concorso nel reato di frode fiscale, previsto all’art.2 del D.L.gs 74/2000.

A fronte di quanto sopra riportato, per la Corte, qualsiasi condotta di frode al fisco configurabile ai sensi del nuovo dettato normativo, risulterebbe speciale rispetto ad una norma generale. Da ultimo, la Corte ha dedotto che anche il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti è da considerare speciale e non cumulabile con la truffa ai danni dello stato.

Tuttavia la Corte, per rafforzare la propria tesi, ha proposto un’ulteriore ragionamento. I giudici di via Cavour hanno valutato l’ipotesi per cui non intercorrerebbe tra le due norme in esame un rapporto di specialità. A livello teorico, si potrebbe ravvisare la mancanza di un’identità naturalistica delle due fattispecie incriminatrici; la truffa, infatti, necessiterebbe di ulteriori elementi, quali l’induzione in errore ed il danno, non contemplati dal reato di frode fiscale.

Orbene, data per acquisita siffatta ipotesi, il rapporto tra le due norme sarebbe comunque risolvibile in base al principio di consunzione o assorbimento, a mente del quale lo scopo della norma che prevede una fattispecie minore sia chiaramente assorbita dal reato più grave.

La Corte ha altresì evidenziato che, in base al criterio della consunzione, per aversi un concorso apparente di reati, sarebbe sufficiente l’unità normativa del fatto-desumibile dall’omogeneità tra i fini dei due precetti in esame- per giustificare un trattamento sanzionatorio unitario. Nel caso in esame, inoltre, sarebbe possibile l’applicazione del criterio di consunzione, in quanto il reato previsto dall’art.2 del D.L.gs. 74/2000 è sanzionato più severamente del reato di truffa.

Alla luce delle motivazioni della Corte, con specifico riferimento ai reati di frode fiscale e truffa, si deve escludere l’esistenza di un concorso materiale di reati.