“Netto frontiera” e diritto unionale
Secondo l’Agenzia delle Entrate, il cd. “netto frontiera” trova applicazione solamente con riferimento ai dividendi esteri percepiti tramite intermediari residenti in Italia. In caso di intervento di intermediari non residenti, la ritenuta viene calcolata al lordo delle imposte estere. È plausibile che tale disparità di trattamento rappresenti una restrizione alla libertà di circolazione dei capitali. Sulla base di tale considerazione, la “Commissione per l’esame della compatibilità di leggi e prassi tributarie italiane con il diritto dell’Unione europea”, presso l’Associazione italiana dei dottori commercialisti ha, quindi, presentato una denuncia di infrazione alla Commissione europea. Al fine di stabilire se la normativa in questione rappresenta o meno una violazione del diritto unionale, occorre che la discriminazione generata non sia giustificata o, in ogni caso, non proporzionata. Una possibile giustificazione potrebbe essere rappresentata dall’esigenza di agevolare l’operato degli intermediari finanziari residenti, rimediando alle difficoltà dagli stessi incontrate. Occorrerebbe, peraltro, approfondire se tale esigenza di semplificazione sia ancora sussistente allo stato attuale, stante il progresso tecnologico intervenuto. In ogni caso, anche laddove ritenuta giustificata, la misura in questione potrebbe, in alcune ipotesi, non apparire proporzionata.
L'articolo è pubblicato in forma integrale su SUPSI