Art. 6 CEDU e pubblica amministrazione: dal procedimento al processo e ritorno

Il contributo è contenuto all'interno del volume "Procedimento e processo. Metodi di ponderazione di interessi e risoluzione di conflitti" a cura di Roberto Martino, Andrea Panzarola e Mirko Abbamonte - edito da Giuffrè Francis Lefebvre.

* * * 

1. L’art. 6 CEDU tra procedimento e processo amministrativo

Procedimento amministrativo e processo sono destinati ad entrare in contatto e ad influenzarsi reciprocamente. Sul piano sistematico, procedimento amministrativo e processo entrano in contatto per ragioni di “prossimità” concettuale: secondo una tesi molto nota, sul piano delle «forme», cioè sul piano della teoria generale, il processo è una peculiare species di procedimento, nel quale è assicurato il contraddittorio. Sul piano pratico, tale contiguità sistematica ha permesso di estendere o di proporre di estendere, tramite argomenti analogici, la disciplina del processo al procedimento amministrativo.

L’applicazione dell’art. 6 CEDU al procedimento amministrativo si fonda invece su ragioni affatto diverse e comporta che la successione tra procedimento e processo produca effetti insoliti. L’art. 6 CEDU attribuisce a chiunque il diritto ad un « equo processo » (« fair trial ») in una «causa» («determination») su una « accusa penale » («criminal charge») o su «diritti e doveri civili » (« civil rights and obligations »), a che tale causa sia giudicata da un « tribunale » (« tribunal ») indipendente dall’esecutivo e imparziale e a che in tale processo siano rispettate le garanzie procedurali della difesa tecnica, dell’udienza pubblica e della parità delle armi. Esso, cioè, si riferisce prima facie al processo penale e civile.

Tuttavia, fin dall’inizio degli anni ’80 del Novecento la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo applica l’art. 6 anche ai procedimenti amministrativi attinenti a « criminal charges » e a «civil rights and obligations», in chiave antielusiva. La Corte tralascia la qualificazione che l’ordinamento statale attribuisce all’organo chiamato a decidere (se giudice o amministrazione), all’illecito (se reato o illecito amministrativo) o alla situazione giuridica in questione (se diritto soggettivo o, diremmo in Italia, interesse legittimo). Purché vi sia un atto capace di irrogare una sanzione sufficientemente grave e non meramente risarcitoria per un illecito ex iure publico o di “determinare” un diritto o un obbligo di natura civile, questo deve essere adottato da un organo indipendente e imparziale e in esito ad una procedura che rispetti le garanzie previste dall’art. 6 CEDU.

Ciò non esclude tuttavia che lo Stato possa optare per l’irrogazione della sanzione o la determinazione del diritto o dell’obbligo civile mediante (un procedimento e) un provvedimento amministrativo. In questo caso, proprio in virtù dell’irrilevanza della qualificazione formale data dall’ordinamento, i precetti semplicemente si “spostano” sull’amministrazione e sul
suo procedimento. E dunque: (i) l’autorità amministrativa competente deve essere indipendente dall’esecutivo e imparziale rispetto all’interessato e alla vicenda concreta e (ii) il procedimento amministrativo deve consentire all’interessato l’esercizio dei diritti “procedurali” riconosciutigli dall’art. 6 CEDU.

In sostanza, non è l’analogia “strutturale” tra procedimento e processo a legittimare l’estensione delle garanzie procedurali previste dall’art. 6 CEDU al procedimento amministrativo.
L’estensione si fonda sull’identità della funzione esercitata: quando l’amministrazione giudica di « criminal charges » o di « civil rights and obligations », il procedimento amministrativo deve rispettare le stesse garanzie procedurali del processo. Al contempo, nella dinamica della produzione giuridica, negli ordinamenti come il nostro (ossia nella tradizione giuridica occidentale, anche anglosassone) il procedimento amministrativo e il processo sono ordinati in sequenza: il processo amministrativo segue il procedimento; e, salvo minime eccezioni (come la giurisdizione estesa al merito o il giudicato di annullamento di per sé satisfattivo), anche l’attuazione del giudicato passa per il procedimento.

Tuttavia, l’applicazione dell’art. 6 CEDU al procedimento amministrativo comporta che questa relazione tra procedimento e processo produca effetti insoliti. Infatti, la violazione delle garanzie previste dall’art. 6 CEDU nel procedimento amministrativo non comporta di per sé l’inadempimento all’art. 6 CEDU da parte dello Stato. La Corte EDU permette allo Stato di “compensare” il difetto di indipendenza o imparzialità dell’organo amministrativo o la violazione delle garanzie procedurali nel procedimento amministrativo tramite il processo di « judicial review » sul provvedimento amministrativo, purché il giudice eserciti una « full jurisdiction » sul provvedimento. Detto altrimenti, in base alla giurisprudenza CEDU, è sufficiente che almeno nel processo sul provvedimento amministrativo riguardante criminal charges o civil right and obligation siano garantite l’imparzialità e la terzietà del decisore e il rispetto delle garanzie procedurali (difesa tecnica, pubblica udienza e parità delle armi), purché il giudice sia munito dei poteri di full jurisdiction. Si tratta della c.d. compensazione ex post.

Nella giurisprudenza della Corte EDU, la « full jurisdiction » consiste in un giudizio « point by point », « both for questions of fact and for questions of law », esteso a « the merits of the decision » e nel quale in giudice può valutare indipendentemente dall’amministrazione « the central issue in the dispute », in modo che « the right guaranteed to an applicant under Article 6 § 1 of the Convention to submit a dispute to a court or tribunal in order to have a determination of questions of both fact and law cannot be displaced by the ipse dixit of the executive ». Sicché, sempre secondo la Corte EDU, v’è « a violation of the right to access to a court where the applicant could not challenge before a court an assessment of facts in a decision adopted by an administrative authority acting within its discretionary power ».


In sostanza, l’art. 6 CEDU è rispettato se, nella sequenza procedimento — processo, il giudice che conosce del provvedimento che ha deciso su criminal charges o civil rights and obligations esercita la full jurisdiction all’interno di un processo che garantisca i canoni procedurali dell’art. 6 CEDU. L’estensione dell’art. 6 CEDU al procedimento amministrativo comporta, paradossalmente, effetti sul processo amministrativo: l’amministrazione, anche quando è soggetta all’art. 6 CEDU per via della funzione che esercita, può violarlo, purché il giudice che conosce del provvedimento amministrativo eserciti una full jurisdiction, tramite un processo rispettoso dei canoni dell’art. 6 CEDU. 

Una parte della dottrina italiana ha approfondito tanto la premessa sulla base della quale l’art. 6 CEDU viene esteso al procedimento amministrativo, quanto le peculiari implicazioni di tale estensione sul processo amministrativo. E ne ha tratto che:

(a) il giudice amministrativo chiamato a compensare la violazione delle garanzie procedurali nel procedimento amministrativo deve avere pieno accesso al fatto e potersi sostituire al giudizio tecnico o opinabile e alla decisione discrezionale del l’amministrazione, ossia che la full jurisdiction richiesta dalla giurisprudenza della Corte EDU perché possa operare la compensazione ex post nel nostro ordinamento equivale alla giurisdizione estesa al merito, con il limite del principio della domanda (il giudice deve esercitare la giurisdizione estesa al merito solo se il ricorrente introduce una domanda o un motivo che richieda la sostituzione del giudice all’amministrazione) e, « in alcuni (invero limitati) casi », principalmente attinenti a civil rights and obligations, con il limite dell’assenza di legittimazione democratica in capo al giudice amministrativo (il carattere politico della decisione discrezionale presa dall’amministrazione impedisce la sostituzione del giudice all’amministrazione);

(b) la Corte EDU fa del procedimento e del processo amministrativo due fasi di un medesimo ciclo funzionale e così la Corte conferma (più o meno consapevolmente) la concezione kelseniana dell’amministrazione e della giurisdizione come applicazione di norme, contrapposte alla legislazione come creazione di quelle norme. 

 

Per leggere il testo integrale è possibile acquistare il volume al seguente Link