Bullismo e cyberbullismo: campagne di sensibilizzazione e codice di prevenzione nelle scuole

In un’ottica di prevenzione e contrasto al bullismo e al cyberbullismo è stato approvato il 15 maggio 2024 il Disegno di legge n. 866 di fronte all’allarmante crescita di fenomeni di violenza fisica e psicologica, anche tra giovani e giovanissimi.

Gli Istituti scolastici vengono considerati nel nuovo testo di legge importanti luoghi di dialogo e formazione dei giovani ad una cultura del rispetto e dell’inclusione, anche attraverso l’adozione di un codice interno di comportamento e l’attivazione di percorsi di sostegno psicologico.

Volgendo, allora, lo sguardo verso il fenomeno della violenza in tutte le sue forme che quotidianamente scuote l’opinione pubblica e interroga famiglie, operatori giuridici, sanitari e Istituzioni scolastiche, occorre domandarsi se la prevenzione possa essere considerata la prima forma di contrasto a comportamenti violenti.

 

La repressione giudiziaria e la riprovazione sociale sono misure sufficienti per arginare il fenomeno?

 


1. La nuova legge sul bullismo e cyberbullismo: la prevenzione come forma di contrasto alla violenza

La Camera dei Deputati ha approvato all’unanimità il Disegno di legge per la prevenzione e il contrasto al bullismo e al cyberbullismo, volto ad ampliare il perimetro di applicazione della legge n. 71/2017 anche alla prevenzione del bullismo e ad incrementare la risorse per campagne informative di sensibilizzazione.

L’obiettivo primario perseguito è la prevenzione del bullismo e del cyberbullismo, che di frequente si sviluppano tra i giovani e i giovanissimi anche all’interno delle mura degli istituti scolastici, luoghi in cui gli adolescenti sono accompagnati non solo nella loro crescita culturale ma anche personale e sociale.

Si richiede dunque alle Scuole di adottare un codice interno per la prevenzione e il contrasto del bullismo e del cyberbullismo, di predisporre servizi di sostegno psicologico e di instaurare un dialogo costruttivo con i genitori dei minori coinvolti in episodi di bullismo.

Tale intervento legislativo si pone in un’ottica di prevenzione di fatti di reato, di educazione e sensibilizzazione, di valorizzazione dei percorsi psicologici come strumento utile e necessario in contesti di difficoltà.

Gli Istituti scolastici vengono dunque considerati anche dal legislatore come importanti luoghi educativi, di dialogo e di informazione, di formazione dei giovani ad una cultura del rispetto e dell’inclusione, dovendo adottare vere e proprie norme di comportamento e attivare percorsi informativi, formativi e di sostegno psicologico.

Tale provvedimento richiede di ampliare lo sguardo ai fenomeni di violenza in tutte le sue forme e alla necessità di valorizzare la prevenzione come prima forma di contrasto a comportamenti violenti.

Femminicidi, violenze nelle mura domestiche e in contesti familiari, bullismo e risse organizzate tra i giovanissimi sono fenomeni che ormai quotidianamente scuotono l’opinione pubblica e interrogano famiglie, operatori giuridici, sanitari Istituti scolatici e l’intera società.

La repressione giudiziaria e la riprovazione sociale sono misure sufficienti per arginare il fenomeno?

 

2. Qualche dato

L’organizzazione Mondiale della Sanità definisce la violenza come "L'utilizzo intenzionale della forza fisica o del potere, minacciato o reale, contro un'altra persona, o contro un gruppo o una comunità, che determini o che abbia un elevato grado di probabilità di determinare lesioni, morte, danno psicologico, cattivo sviluppo o privazione". [1]

Nell’ultimo decennio si è osservato un generale incremento del ricorso alla violenza come strumento di interazione sociale. Tale incremento è ancora più sensibile nell’ambito familiare/relazionale, laddove la variazione più significativa (105%) si rileva nei maltrattamenti contro familiari e conviventi, seguita da quella (48%) per gli atti persecutori. Per quanto riguarda le violenze sessuali si rileva un aumento altrettanto significativo (40%)[2].

Decenni di ricerche internazionali sul fenomeno dell’esercizio della violenza permettono di concludere che non vi è all’origine un’unica causa; comportamenti aggressivi e violenti nascono da diversi fattori ad esempio quelli neurocognitivi, fisiologici, familiari, dell’ambiente scolastico, del quartiere e della società (UFAS, 2015).

Si evidenzia inoltre che la violenza, nelle sue diverse manifestazioni, interessa sempre più frequentemente le fasce più giovanili. Basti considerare i dati pubblicati dall’HBSC[3] che mostrano che il fenomeno del (cyber)bullismo è in crescita soprattutto nelle ragazze e nei ragazzi tra gli 11 ed i 13 anni.

Altrettanto allarmanti sono i dati in merito ai femminicidi; i dati Istat mostrano che il 31,5% delle donne ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Le forme più gravi di violenza sono spesso esercitate da partner o ex partner, parenti o amici.  A ciò si aggiunga che solo nel periodo 1° gennaio – 19 novembre 2023 sono stati registrati 106 femminicidi.

Si è certi che i dati sopra indicati non esprimano appieno la portata del fenomeno, in quanto molto spesso la vittima è più preoccupata dei risvolti negativi che un eventuale “denuncia” possa comportare sulla sua persona in termini sia di ritorsioni/aggravamento delle condotte da parte dell’aggressore, sia di riprovazione sociale, di reputazione e di deterioramento dei rapporti. Sono certamente molti i casi sommersi di coloro che hanno subito maltrattamenti in famiglia, ragazzi vittime di episodi di bullismo o cyberbullismo, o donne che sopportano – anche nei luoghi di lavoro – atti quotidiani di denigrazione o bullismo per un fattore di genere.

 

3. La risposta giuridica di contrasto alla violenza (repressione e prevenzione)

Dinnanzi al crescere di tali fenomeni sono stati adottati numerosi strumenti, innanzitutto giuridici, di contrasto a comportamenti già verificatisi.

Tra questi merita menzione, per importanza, l’approvazione del c.d. Codice Rosso, emanato con legge n. 69/2019 e oggetto a più riprese di interventi integrativi e di ampliamento. Si tratta, come è noto, di uno strumento di contrasto a fatti contraddistinti dall’elemento della violenza di genere e/o domestica.

Sono state così introdotte nuove fattispecie di reato - tra cui il c.d. revenge-porn e il delitto di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso - ed inasprite le pene per delitti già esistenti tra cui quelli di violenza sessuale e atti persecutori.

Accanto a ciò vi è stata una modifica delle disposizioni di procedura penale nell’ottica di rendere più ampia, efficace e celere la tutela delle vittime in ambito giudiziario. È stata infatti creata una vera e propria “corsia preferenziale” per le vittime di violenza domestica e di genere; per esempio, a) la polizia giudiziaria, acquisita la notizia di reato, riferisce immediatamente al Pubblico Ministero, anche in forma orale di quanto appreso; b) entro 3 giorni dall'iscrizione della notizia, il PM assume informazioni dalla persona offesa.

Quanto al fenomeno del bullismo e cyberbullismo, sino al provvedimento odierno, i fatti di reato erano sanzionati riconducendo tali condotte nei delitti di violenza privata, lesioni, percosse, minaccia e - nei casi più gravi - nel reato di istigazione al suicidio.  L’unico intervento legislativo che si poneva in un’ottica di prevenzione al fenomeno illecito si poteva individuare nella legge n. 71 del 29 maggio 2017 in materia di cyberbullismo. Accanto a ciò erano state emanate linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto dal Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione del Ministero dell’Istruzione.

Ciò che oggi appare un importante e ulteriore passo avanti è la valorizzazione della prevenzione tra i giovani anche in relazione al fenomeno del bullismo, l’introduzione di campagne informative in favore degli studenti, l’implementazione di servizi di sostegno psicologico e di coordinamento pedagogico e l’introduzione di tavoli di confronto e di monitoraggio nei quali i giovani studenti saranno parte attiva del progresso sociale ed educativo congiuntamente a insegnati, genitori ed esperti.

 

4. La prevenzione come forma necessaria di contrasto alla violenza

Nonostante i più recenti interventi di tipo giuridico, innanzitutto penale, finalizzati alla repressione dei fatti ed alla rieducazione del reo, il fenomeno della violenza non sembra essere in calo.

Si ritiene dunque importante puntare sulla prevenzione come imprescindibile strumento di contrasto alla violenza e forma di proposta culturale.

Innanzitutto, riteniamo che debba essere messa al centro dell’attenzione la concezione del “debole” e del “diverso” che molto spesso – quasi sempre – sono le categorie di persone sulle quali vengono esercitate le diverse forme di violenza, sia psicologica, sia fisica. Parole chiave sono allora “sensibilizzazione” ed “educazione”, nei contesti familiari, scolastici, sportivi e negli altri luoghi di aggregazione familiare e giovanile.

A parere di chi scrive il fenomeno dell’educazione, innanzitutto come comprensione e accettazione di determinati contenuti, non può mai prescindere dalla conoscenza.

La prevenzione si costruisce allora innanzitutto attraverso la conoscenza del significato (anche giuridico) di violenza, di come questa si manifesta, delle possibili conseguenze in termini di danno psicologico, oltre che in termini di sanzione giuridica, dalla informazione e formazione in materia di diritti e libertà garantite dal nostro Ordinamento.

Anche attraverso il nuovo disegno di legge in materia di bullismo e cyberbullismo si dovrebbe allora poter fornire quella cornice di rispetto e inclusione entro cui orientare le singole, libere e quotidiane scelte personali.

Da un punto di vista squisitamente sociale la prevenzione prende forma anzitutto nella promozione di una cultura che mette le sue radici in principi come l’ascolto, il rispetto, la civile convivenza, i diritti umani e psicologici, le pari opportunità[4].

Ciò premesso si possono distinguere tre tempi di prevenzione: (i) la prevenzione primaria, (ii) secondaria e (iii) terziaria. (i) Nel primo caso vengono promosse azioni indirizzate a tutta la popolazione volte a ridurre l’insorgenza di violenza (ii) la prevenzione secondaria riguarda invece le situazioni già definite “a rischio”, mentre (iii) la terziaria si rivolge a chi già ha manifestato condotte violente, si vuole in questo caso ridurre la possibilità di reiterazione del comportamento cercando di limitarne i danni.

La prevenzione primaria - La ricerca in materia di prevenzione evidenzia come questa si renda necessaria fin dalle prime fasi di vita della persona, sottolineando il ruolo fondamentale della famiglia[5] trattandosi del primo gruppo cui ogni uomo appartiene, nel quale cresce, apprende e vive i primi legami e relazioni. È importante che la cura del legame e delle relazioni possa avvenire dunque sin dai primi anni di vita in famiglia e in tutti i luoghi che si prendono l’impegno di offrire, in diversa forma, una educazione alla persona garantendo a quest’ultima - nelle diverse fasi di vita - un “ambiente sicuro, favorevole e premuroso per la crescita”[6].

Se è vero che nella prevenzione primaria sono coinvolti tutti quegli attori che hanno ruoli educativi (genitori, famiglia estesa, insegnanti, allenatori, ecc.) nella quotidianità del bambino/adolescente, diviene allora fondamentale anche un’educazione alla stessa popolazione adulta al riconoscimento dei campanelli di allarme che possono precedere la violenza, così come delle condotte da adottare e dei servizi cui rivolgersi.

La prevenzione secondaria - è indirizzata invece a tutte le situazioni che già presentano fattori di rischio; ne sono un esempio le famiglie in condizioni socio-economiche precarie, sole, senza una rete sociale di supporto; genitori minorenni, genitori con problemi di droga e/o affetti da problemi psichici. In questi casi è già presente un rischio ambientale che può ingenerare problematiche nella fase di sviluppo psicologico del bambino. Ed invero, l’epigenetica, una branca della genetica che studia come l'esposizione a fattori ambientali può modificare l'espressione dei geni pur senza modificare la sequenza del DNA, evidenzia l’ambiente (e quindi stile di vita, genitori, fratelli, familiari, persone che incontriamo e con cui ci si relaziona, traumi e sofferenze, ecc.) come fattore centrale sia in termini protettivi sia di rischio per lo sviluppo della personalità[7].

La prevenzione terziaria - da ultimo, vuole favorire, attraverso interventi mirati, la tutela della vittima, a livello psicologico oltre che fisico, fornendo un luogo di ascolto e tutte le risorse necessarie affinché si possa favorire la costruzione di un nuovo progetto di vita. In questo ambito possono essere proposti anche interventi socio-educativi/ riabilitativi che favoriscano l’assunzione di responsabilità di chi ha promosso violenza.

Tutto ciò dimostra come la diffusione di conoscenza e consapevolezza costituisce il primo tassello e la prima risposta alla violenza nelle sue diverse forme, come sia importante porre in essere – ciascuno nel proprio ambito e in relazione al proprio ruolo – interventi mirati e consapevoli.

Non può in alcun modo prescindere da una conoscenza adeguata da parte degli adulti e di tutto il personale scolastico, che si pongono come interlocutori di bambini e adolescenti e che debbono, per primi, conoscere la tematica, i rischi, le possibilità di intervento, le conseguenze nonché gli enti e le Autorità a cui è possibile rivolgersi.

Si ritiene dunque interessante, in quest’ottica valorizzare il contesto scolastico come luogo di individuazione di regole (codice interno), di richiesta di rispetto, di sensibilizzazione e sostegno psicologico.

 

 

Il presente contributo è stato realizzato in collaborazione con la Dott.ssa Margherita Passalacqua psicologa e psicoterapeuta.


[1] OMS 2022.

[2] Si tratta di 4.488 casi nel 2013 a fronte dei 6.291 nel 2022, secondo i dati resi noti dal Ministero dell’Interno.

[3] Health Behaviour in School-aged Children. Si tratta di studi promossi dall’Ufficio Regionale per l’Europa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che coinvolge 44 Paesi aderenti.

[4] CNOP, 2021. Contrastare la violenza domestica e di genere: una priorità per la professione psicologica.

[5] UFAS: “Lo sviluppo dell’essere umano è il risultato di un’interazione costante tra gli influssi esterni provenienti dall’ambiente fisico, sociale e culturale e le sue caratteristiche personali, quali percezioni, abitudini, convinzioni, tratti carat- teriali e peculiarità fisiologiche. I risultati delle ricerche confermano che numerose caratteristiche e tendenze comportamentali dell’essere umano si sviluppano particolarmente nei primi anni di vita. Tra queste figurano anche l’inclinazione all’esteriorizzazione e a comportamenti aggressivi, per le quali si delineano notevoli differenze tra gli individui già tra i 12 e i 24 mesi di età (…)”.

Un’osservazione simile giunge anche dalla psicoanalista Laura Pigozzi che individua nella patologia del confine la strada che porta il legame- la relazione ad ammalarsi: scrive infatti che “Un confine ha una doppia funzione, di riparo e di legame (…) l’odio non possiede l’intelligenza del confine” e prosegue “Il compito genitoriale minimo è quello di offrire a un bambino un confine, un posto ben preciso all’interno della famiglia, questo è l’amore”. UFAS 2015 - Per una prevenzione efficace della violenza, uno sguardo sulle conoscenze a livello internazionale (www.giovanieviolenza.ch).

[6] (UFAS, 2015) Per una prevenzione efficace della violenza, uno sguardo sulle conoscenze a livello internazionale (www.giovanieviolenza.ch).

[7] Pigozzi: “Il DNA non è il nostro destino. Un cattivo gene che ci viene tramandato può anche non esprimersi mai, se prendiamo a cuore il nostro vissuto, se riconosciamo i traumi dell’incuria (abbandoni e maltrattamenti) e quelli dell’ipercura (…) La grande notizia è che le nostre buone pratiche, che disattivano l’espressione dei geni cattivi avuti in dote, vengono ereditate dai nostri figli. Così come le cattive”. Pigozzi, L. (2023) Amori Tossici. Alle radici delle dipendenze affettive in coppia e in famiglia. Rizzoli, Milano.