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Costi black list: disciplina non in contrasto con il Modello OCSE

La disciplina dei costi black list vigente fino al 2014 non si poneva in antinomia con la normativa convenzionale e, nello specifico, con la clausola di non discriminazione prevista dal Modello OCSE. Alle stesse conclusioni si deve giungere anche dopo le modifiche apportate dal decreto Internazionalizzazione alla disciplina. Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 39/E del 26 settembre 2016, nella quale sono stati forniti chiarimenti in merito alle modifiche normative in materia di deducibilità dei costi sostenuti con imprese residenti in Stati aventi regimi fiscali privilegiati.

La normativa sulla deducibilità dei costi black list vigente fino al periodo d’imposta 2014 non si pone in contrasto con la normativa convenzionale e, nello specifico, con la clausola di non discriminazione prevista dall’articolo 24, paragrafo 4, del Modello OCSE. Analoghe considerazioni valgono anche con riferimento alle modifiche apportate alla disciplina nel 2015, ad opera deldecreto Internazionalizzazione - D.Lgs. n. 147/2015.

È questo uno dei principali chiarimenti contenuti nella circolare n. 39/E del 26 settembre 2016, con cui l’Agenzia delle Entrate commenta le modifiche che - nel corso del 2015 e del 2016 - hanno interessato la disciplina recata dall’art. 110, commi 10 - 12-bis, TUIR.

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La disciplina ha subìto significative modifiche, che hanno determinato il passaggio da un regime ditotale indetraibilità dei costi derivanti da operazioni intercorse con operatori localizzati in Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato vigente fino al 2014, a quello di deducibilità di tali costi nei limiti del valore normale vigente nel 2015, per finire con la previsione dell’integrale deducibilità degli stessi a decorrere dal 1° gennaio 2016.


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