Esterovestizione societaria: dalla nozione di abuso del diritto a quella di costruzione artificiosa

Si è molto parlato nell’ultimo decennio di alcune sentenze della Corte di Cassazione che, anche recentemente, hanno ricondotto la nozione di esterovestizione a quella di abuso del diritto, menzionando anche alcune sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea. Un intenso dibattito è al riguardo sorto in dottrina.
In effetti, la Corte di Cassazione afferma che, in base al diritto dell’Unione Europea, non sarebbero ammesse restrizioni all’esercizio della libertà di stabilimento se non per ragioni imperative di contrasto a fenomeni abusivi caratterizzati dall’artificiosità dello stabilimento estero. Di conseguenza, anche laddove le controllate estere avessero di fatto la sede di direzione effettiva in Italia, esse non potrebbero essere considerate esterovestite ed attratte a tassazione in Italia, a meno che non si tratti di strutture di puro artificio. Ciò a prescindere dalle ragioni fiscali che potrebbero aver indotto il contribuente a insediarsi all’estero.
Non si tratta propriamente di un’applicazione dei principi in tema di abuso del diritto, quanto piuttosto di una declinazione, con riferimento all’esterovestizione, dei medesimi principi applicati dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in tema di società controllate estere.
Tali principi trovano ovviamente applicazione solo all’interno dell’Unione Europea.
Sulla base di tale ricostruzione, secondo taluni criticabile, è possibile ricondurre a coerenza le numerose sentenze ormai intervenute in materia, risolvendo anche alcune apparenti contraddizioni evidenziate dai critici nella giurisprudenza. In tal modo, possono trovare composizione molte delle presunte aporie in tema di rapporti tra esterovestizione e abuso del diritto, di rapporti con soggetti UE e non UE, di presunta rilevanza penale dell’abuso del diritto.

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