IVA e operazioni domestiche tra soggetti non residenti: sanzioni per errata applicazione del reverse charge

Nel caso di errata applicazione del meccanismo del reverse charge da parte di un soggetto non residente in Italia per operazioni territorialmente rilevanti ai fini IVA effettuate nei confronti di soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato, l'assolvimento dell'imposta resta cristallizzato, dovendosi applicare la sola sanzione amministrativa compresa fra 250 e 10.000 euro, ai sensi del disposto dell'art. 6, comma 9-bis2, del D.Lgs. n. 471 /1997. Non solo, l'errato comportamento del soggetto estero non preclude allo stesso l'accesso alla procedura del rimborso IVA diretto nel caso in cui il medesimo vanti un credito IVA, né tanto meno viene precluso il diritto alla detrazione dell'imposta erroneamente assolta in capo al cessionario. È quanto chiarito dall'Agenzia delle entrate, nelle risposte a istanze di interpello del 28 aprile 2021, n. 301 e del 7 giugno 2021, n. 393.

Nel caso di operazioni domestiche intercorse tra soggetti che non sono né residenti, né stabiliti nel territorio dello Stato (ossia soggetti non residenti non operanti in Italia per il tramite di una stabile organizzazione), il cedente ha l'obbligo di emettere la fattura con IVA utilizzando una partita IVA italiana, ottenuta tramite l'identificazione diretta o mediante la nomina di un rappresentante fiscale. Laddove- al ricorrere della suddetta ipotesi - l'imposta venga assolta dal cessionario mediante l'applicazione del meccanismo del reverse charge, ai sensi del disposto dell'art. 17, comma 2, del D .P .R. n. 633/1972, l'erroneo assolvimento della  medesima resta cristallizzato, dovendosi in tal caso applicare la sola sanzione amministrativa compresa tra euro 250 ed euro 10.000, ai sensi dell'art. 6, comma 9-bis2, del D .Lgs. n. 4 71 / 1997, con possibilità di definire l'errore tramite ravvedimento operoso. 


L'articolo è pubblicato in forma integrale su Fiscalità e Commercio Internazionale n. 2/2022.