"Liability to tax” come presupposto per la fruizione dei benefici convenzionali: commento alla Cass. civ. Sez. V, Ord., 27-04-2021, n. 11035
La questione sottoposta al vaglio di legittimità della Suprema Corte nell’ambito della pronuncia de qua concerne l’applicazione o meno dell’art. 18 della Convenzione bilaterale Italia - Regno Unito (“Convenzione” o “Trattato”), ad un soggetto, residente nel Regno Unito, anche ove, in concreto, ivi non assoggettato ad imposta.
Si rammenta, a tale riguardo, che ai sensi dell’art. 3, primo comma del TUIR, sono soggetti ad imposta in Italia i redditi prodotti nel territorio dello Stato e percepiti da soggetti non residenti. Inoltre, in ossequio a quanto disposto dall’art. 23, secondo comma, lett. a) del TUIR, le pensioni percepite da soggetti non residenti si considerano prodotte nel territorio e dello Stato – e, pertanto, sono ivi assoggettate ad imposizione – allorquando siano erogate “dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti”. Dunque, in termini generali, le somme i) percepite da non residenti a titolo di pensione e ii) erogate da soggetti residenti nel territorio dello Stato sono soggette ad imposizione in Italia.
Tale regola generale è tuttavia derogata ai sensi dell’art. 18 della Convenzione, ove viene previsto che “le pensioni e le altre remunerazioni analoghe pagate ad un residente di uno Stato contraente in relazione ad un cessato impiego ed ogni altra annualità pagata a tale residente sono imponibili soltanto in detto Stato”.
Nella fattispecie in esame, l’Agenzia delle entrate aveva contestato ad un soggetto residente nel Regno Unito l’omessa dichiarazione del trattamento pensionistico erogato dall’INPS, emettendo avviso di accertamento per il recupero a tassazione delle relative somme. La Commissione Tributaria Regionale, all’esito del giudizio di appello, riformando la pronuncia di primo grado, ha ritenuto non applicabile il disposto dell'art. 18, comma 1, della Convenzione in quanto il contribuente non avrebbe documentato l’effettiva sottoposizione ad imposizione nel Regno Unito del provento erogato dall'INPS.
La Corte di Cassazione ha sostanzialmente sconfessato tale interpretazione.
L’iter logico argomentativo sviluppato dalla Suprema Corte per giungere ad affermare l’applicabilità alla fattispecie in esame della disciplina convenzionale (anziché della disciplina ordinaria) riposa su di una duplice motivazione.
In primo luogo, la Corte rileva come, in caso di contrasto tra una norma nazionale e una “pattizia” quest’ultima debba necessariamente essere ritenuta prevalente. Tale impostazione, recentemente ribadita dalla stessa Corte nell’ambito di una controversia relativa alle condizioni di fruibilità del credito di imposta per i redditi da lavoro dipendente prodotti all’estero[1], trova giustificazione nel rango primario che deve essere attribuito alle norme convenzionali, recepite nell’ordinamento domestico, in forza degli artt. 10 e 117 della Costituzione[2].
Secondariamente, la Corte si interroga sui presupposti al ricorrere dei quali è subordinata la fruizione dei benefici convenzionali recati dall’art. 18, primo paragrafo della Convenzione che, come detto, attribuisce potestà impositiva esclusiva allo Stato di residenza del soggetto percettore di un trattamento pensionistico erogato da un soggetto residente nell’altro Stato Contraente.
In questo senso, la Corte di Cassazione rileva come l’elemento dirimente sia da individuarsi nel concetto di residenza fiscale del contribuente, richiamando a tal fine la nozione di residenza convenzionale recata dall’art. 4 del Trattato ai sensi del quale “il termine "residente di uno Stato contraente, designa ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è ivi assoggettata ad imposta, a motivo del suo domicilio, della sua residenza, della sede della sua direzione, o di ogni altro criterio di natura analoga“. Sarebbe infatti la residenza del contribuente in uno dei due Stati Contraenti a legittimare l’imposizione esclusiva di detto Stato sui redditi derivanti da trattamenti pensionistici erogati da soggetti residenti nell’altro Stato contraente.
Affinché si possa attribuire ad un soggetto lo status di residente ai fini convenzionali, però, non appare sufficiente accertare l’esistenza di uno dei criteri di collegamento con lo Stato, dovendosi altresì poter ivi affermare l’assoggettabilità ad imposta del soggetto che invoca la Convenzione. Ci si domanda, pertanto, se tale assoggettabilità possa essere intesa come imposizione meramente potenziale o se, al contrario, la stessa si possa essere affermata solo allorquando si verifichi un effettivo prelievo fiscale nello Stato di residenza nei confronti del soggetto che invoca i benefici convenzionali.
Secondo l’interpretazione fornita dalla Corte nell’ambito della pronuncia in commento “[l]'espressione "assoggettata ad imposta" deve essere intesa nel senso di "potenziale assoggettamento" ad imposizione in modo illimitato ("full liability to tax"), a nulla rilevando il dato dell'effettivo prelievo fiscale subito dalla persona fisica”. Conseguentemente si deve ritenere che la fruizione dei benefici recati da norme convenzionali non sia affatto subordinata ad un effettivo prelievo fiscale nello Stato della residenza ma che, al contrario, sia sufficiente il potenziale assoggettamento del contribuente alla potestà impositiva dello Stato.
Tale impostazione – peraltro coerente con precedenti arresti giurisprudenziali[3] - appare invero allineata a quanto previsto nell’ambito del commento all’art. 4 del Modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni laddove al paragrafo 8.11 si precisa che “a person is considered liable to comprehensive taxation even if the Contracting State does not in fact impose tax”.
[1] Cass. civ. Sez. V, Ord. 14-04-2021, n. 9725.
[2] In questo senso, deve rilevarsi, come peraltro evidenziato dalla Corte stessa, che la prevalenza delle norme internazional-tributarie rispetto alla disciplina puramente domestica sarebbe cristallizzata anche “dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 75 ("nell'applicazione delle disposizioni concernenti le imposte sui redditi, sono fatti salvi accordi internazionali resi esecutivi in (OMISSIS)") e dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 169 (per il quale le disposizioni del Tuir "si applicano, se più favorevoli al contribuente, anche in deroga agli accordi internazionali contro la doppia imposizione")”.
[3] Ex multis Cass. civ. Sez. V, Ord. 17-04-2019, n. 10706