Il diritto di rimborso delle addizionali provinciali alle accise sull’energia elettrica contrarie al diritto dell’Unione Europea: la posizione del fornitore
Abstract
Recenti pronunce della Corte di Cassazione hanno affermato la contrarietà al diritto eurounitario dell’addizionale provinciale alle accise sull’energia elettrica e, dunque, la loro rimborsabilità. In base all’art. 14, c. 2, del D.Lgs. 504/1995, il fornitore che abbia traslato l’addizionale sul cliente può presentare istanza di rimborso all’Agenzia delle Dogane solo nel caso in cui il cliente abbia esercitato vittoriosamente nei suoi confronti l’azione di ripetizione dell’indebito. Il presente contributo esamina se il fornitore può presentare istanza di rimborso anche se decide di rimborsare il consumatore in assenza di una sentenza di condanna, ipotesi non espressamente disciplinata dal legislatore.
Parole chiave: Addizionale provinciale alle accise sull’energia elettrica; indebito di diritto eurounitario; istanza di rimborso.
SOMMARIO: 1. Introduzione alla questione – 2. Il diritto al rimborso del fornitore e sua relazione con l’esercizio del diritto di rivalsa – 3. La condanna del fornitore alla restituzione al consumatore dell’addizionale indebitamente traslata: la rimessione nei termini per chiedere il rimborso all’Agenzia delle Dogane – 4. Il rapporto trafornitore e consumatore – 5. La posizione del fornitore che ha rimborsato spontaneamente al consumatore l’addizionale indebita – 6. Conclusioni. L’ineludibile necessità di un intervento legislativo.
1. L’addizionale provinciale alle accise sull’energia elettrica continua ancora oggi a porsi all’attenzione degli interpreti, sebbene sia stata abrogata a partire dal 1° gennaio 2012 dall’art. 2, c. 6, del D.Lgs. n. 23/2011 e dall’art. 18, c. 5, del D.Lgs. n. 68/2011 nelle Regioni a statuto ordinario e a partire dal 1° aprile 2012 dall’art. 4, c. 10, del D.L. n. 16/2012 nelle Regioni a statuto speciale.
Nell’ultimo anno, la Corte di cassazione ha elaborato due principi relativi a detta imposta:
a) l’art. 6, c. 2, del D.L. n. 511/1988, che l’ha istituita, deve essere disapplicato per i periodi precedenti alla sua abrogazione, in quanto incompatibile con la direttiva n. 2008/118/CE, con la conseguente rimborsabilità dell’imposta indebitamente riscossa negli anni di sua vigenza (Cass., sez. V, sent. 4 giugno 2019, n. 15198; Cass., sez. V, sent. 31 ottobre 2019, n. 28047);
b) il consumatore sul quale sia stata traslata indebitamente l’imposta non è legittimato a richiedere il rimborso all’Agenzia delle Dogane, ma solamente al proprio fornitore, salvo che ciò non si riveli impossibile o eccessivamente difficile con riferimento alla situazione di quest’ultimo. In tal caso, egli è eccezionalmente legittimato a rivolgersi direttamente all’Amministrazione finanziaria (tra le tante, Cass., sez. V, sent. 11 febbraio 2020, n. 3233; Cass., sez. V, ord. 17 dicembre 2019, n. 33345; Cass., sez. V, ord. 24 ottobre 2019, n. 27306; Cass., sez. V, sent. 24 maggio 2019, n. 14200).
Aspetto di non poco conto per il rimborso delle accise indebitamente pagate è quello del fornitore destinatario di una richiesta di rimborso da parte del consumatore sul quale ha traslato l’addizionale.
Il legislatore ha espressamente disciplinato il caso in cui l’istanza di rimborso del fornitore pervenga a seguito di una sentenza passata in giudicato che lo condanna alla restituzione nei confronti del consumatore, non prevedendo espressamente il caso in cui l’istanza del fornitore segua alla sua decisione di procedere al rimborso al cliente finale spontaneamente, ossia in assenza di una condanna all’esito di un procedimento giurisdizionale. Tale eventualità non risulta nemmeno esaminata dalla giurisprudenza edita.
2. Il solo fornitore può rivolgersi direttamente all’Agenzia delle Dogane per presentare l’istanza di rimborso dell’addizionale indebitamente pagata. E il diritto alla restituzione di quanto indebitamente versato è condizionato dall’esercizio del diritto di rivalsa.
Nel caso in cui non abbia esercitato tale diritto sul consumatore, può proporre la richiesta di rimborso entro due anni dal pagamento (art. 14, c. 2, del D.Lgs. n. 504/1995 - TUA).
Se – questo è il caso più frequente – egli ha esercitato il diritto alla rivalsa dell’addizionale previsto dall’art. 16, c. 3, del TUA, inglobandola nel prezzo finale dell’energia elettrica, la sua istanza non può trovare accoglimento. Invero, ai sensi dell’art. 29, c. 2, della L. n. 428/1990, “I diritti doganali all’importazione, le imposte di fabbricazione, le imposte di consumo, il sovrapprezzo dello zucchero e i diritti erariali riscossi in applicazione di disposizioni nazionali incompatibili con norme comunitarie sono rimborsati a meno che il relativo onere non sia stato trasferito su altri soggetti”. La ratio della disposizione è quella di evitare che attraverso il rimborso il soggetto passivo possa indebitamente arricchirsi, in linea con i principi dell’ordinamento eurounitario (ex multis CGUE, 27 febbraio 1980, C-68/79, punto 26). Attraverso il diritto di rivalsa il fornitore ha già trasferito il peso economico dell’addizionale sul consumatore: con il rimborso riceverebbe una seconda volta lo stesso importo.
La traslazione è un fatto impeditivo del rimborso, un’eccezione processuale di cui può avvalersi l’Agenzia delle Entrate.
3. Il rimborso spetta al fornitore anche nel caso in cui sia stato condannato con sentenza passata in giudicato alla restituzione al consumatore dell’addizionale indebitamente traslata: il legislatore ha previsto a suo favore una sorta remissione nei termini per presentare a sua volta istanza di rimborso all’Erario.
L’art. 14, c. 4, del TUA prevede che “Qualora, al termine di un procedimento giurisdizionale, il soggetto obbligato al pagamento dell’accisa sia condannato alla restituzione a terzi di somme indebitamente percepite a titolo di rivalsa dell’accisa, il rimborso è richiesto dal predetto soggetto obbligato, a pena di decadenza, entro novanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza che impone la restituzione delle somme”.
Questa previsione, originariamente contenuta nel comma 2 del medesimo articolo 14, è stata inserita dal D.Lgs. n. 48/2010, la cui relazione illustrativa ha chiarito che “Tale modifica è stata dettata dall’esigenza, manifestata da lungo tempo dagli operatori interessati, di annullare gli effetti negativi loro derivanti dalla coesistenza di due termini (l’uno decennale, di prescrizione, e l’altro, biennale, di decadenza) concessi, rispettivamente, al consumatore finale per ottenere la restituzione delle somme indebitamente pagate a titolo di accisa e all’operatore per richiedere il rimborso delle medesime somme da parte dell’amministrazione finanziaria”.
La ratio dell’art. 29 della L. n. 428/1990 è rispettata dalla circostanza che la sentenza di condanna passata in giudicato funge da garanzia che il fornitore non si arricchirà a seguito del rimborso da parte dell’Erario, essendo gravato dall’obbligo di restituire al consumatore quanto da lui indebitamente ricevuto. Si deve ritenere che il medesimo effetto segua ad un lodo arbitrale non più soggetto ad impugnazione (cfr.art. 824-bis del c.p.c.).
L’art. 14, c. 4, del TUA neutralizza per il fornitore l’onere economico dell’imposta indebitamente riscossa che non rimane a suo carico, in piena aderenza a quanto statuito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea: “se l’acquirente finale, in forza del diritto interno, è in grado di ottenere il rimborso, da parte del soggetto passivo, dell’importo del tributo riversatogli, tale soggetto passivo, a sua volta, deve essere in grado di ottenere dalle autorità nazionali il rimborso di detto importo” (CGUE, 20 ottobre 2011, C-94/10, punto 26).
4. L’azione di rimborso prevista dall’art. 14, c. 4, del TUA a favore del fornitore è un posterius della vittoriosa azione proposta nei suoi confronti dal consumatore ai sensi dell’art. 2033 del c.c. (ex multis Cass., sez. V, ord. 24 ottobre 2019, n. 27306).
L’azione di ripetizione dell’indebito del consumatore deve essere proposta innanzi al giudice ordinario e si prescrive nel termine di dieci anni decorrenti dal giorno del pagamento.
Ad oggi il consumatore può quindi chiedere il rimborso dell’addizionale indebitamente traslata su lui negli anni 2010 – per la parte ancora non prescritta - e 2011 (e fino al 31 marzo 2012 in relazione alle sole addizionali versate a favore di province delle Regioni a statuto speciale).
Il consumatore – come anticipato – non può presentare un’istanza di rimborso all’Agenzia delle Dogane: la rivalsa crea un rapporto di natura civilistica tra fornitore e consumatore, ma non crea alcun legame tra il consumatore ed il Fisco. Invero, quello intercorrente tra fornitore e consumatore non è un rapporto di sostituzione, dal momento che la rivalsa non è obbligatoria. Inoltre, non può crearsi alcun rapporto tra il Fisco ed il consumatore perché quest’ultimo non realizza il presupposto dell’accisa (Cass., sez. V, sent. 11 febbraio 2020, n. 3233; Cass., sez. V, sent. 31 ottobre 2019, n. 28047).
Il consumatore diviene eccezionalmente legittimato a proporre istanza di rimborso all’Agenzia delle dogane solo nel caso in cui l’azione nei confronti del fornitore si riveli impossibile o eccessivamente difficile a causa della situazione in cui si trovi quest’ultimo. La difficoltà può derivare, ad esempio, dal fatto che il fornitore sia sottoposto ad una procedura concorsuale (CGUE, sent. 27 aprile, C-564/15, punti 53-54; CGUE 31 maggio 2018, C-660 e 661/16, punti 65-66).
5. In relazione al rimborso dell’addizionale provinciale, il meccanismo di rimborso in due tempi delineato dall’art. 14, c. 4, del TUA comporta costi per i fornitori e aggravi per il sistema giudiziario, a causa dell’enorme platea dei consumatori sui quali è stata traslata l’imposta in discorso.
Alla luce della recente giurisprudenza di legittimità non è, inoltre, difficile immaginare l’esito negativo di tutti i processi per il fornitore, la cui soccombenza si accompagnerebbe alla condanna al pagamento delle spese sostenute da controparte e alla possibile condanna al risarcimento dei danni ex art. 96 del c.p.c.
Pertanto, al fine di evitare di sostenere costi inutili, i fornitori potrebbero anche valutare la possibilità di procedere al rimborso dell’imposta indebitamente traslata a fronte della semplice richiesta dei consumatori.
In questo caso, però, a primo acchito sembrerebbe difficile per i fornitori rivolgersi poi all’Amministrazione finanziaria al fine di richiedere a loro volta il rimborso dell’addizionale, stante l’assenza di una sentenza di condanna e comunque essendo ampiamente decorsi due anni dalla data del pagamento.
Per preservare con certezza il diritto al rimborso nei confronti dell’Amministrazione finanziaria e, dunque, per non rimanere definitivamente incisi dall’imposta, sarebbero costretti a opporsi sistematicamente alle richieste di rimborso dei consumatori per costringerli a citarli in giudizio e attendere il passaggio in giudicato della sentenza di condanna
Una soluzione così farraginosa e defatigante, sia per le parti sia per il sistema giudiziario, non può che lasciare insoddisfatti.
Un diverso risultato interpretativo può essere ottenuto attraverso una lettura sistematica dell’art. 29 della L. n. 428/1990 e dell’art. 14 del TUA alla luce del diritto di ottenere il rimborso di un imposta contraria al diritto unionale, che costituisce l’effetto dell’applicazione del divieto di ingiustificato arricchimento - principio generale comunitario – valevole anche nel caso in cui l’Erario abbia riscosso un tributo contrario al diritto eurounitario (cfr. MICELI, Indebito comunitario e sistema tributario interno. Contributo allo studio del rimborso d’imposta secondo il principio di effettività, Milano, 2009, 267 e, ex multis, CGUE, 9 novembre 1983, C-199/82, punto 12).
Muovendo dal presupposto che in base all’art. 29 citato la mancata traslazione dell’addizionale costituisce un presupposto del rimborso, la restituzione dell’imposta già traslata, realizzando un’operazione di segno opposto, ricostituisce tale presupposto. Infatti, eseguito il rimborso, il fornitore che presenta l’istanza di rimborso all’Agenzia non può arricchirsi indebitamente.
Si viene così a comporre nuovamente in capo al fornitore la possibilità di esigere il rimborso all’Agenzia delle dogane.
L’istanza deve essere presentata entro il termine decadenziale generale di due anni indicato dall’art. 14, c. 2, del TUA per chiedere il rimborso delle accise. Il dies a quo deve essere individuato nel momento del pagamento del rimborso al consumatore (cfr. art. 14, c. 2, ultima parte, del TUA- che riecheggia la regola generale contenuta nell’art. 2935 del c.c. -, a mente del quale “il rimborso deve essere richiesto, a pena di decadenza, entro due anni … dalla data in cui il relativo diritto può essere esercitato”).
Si noti che il rimborso non è atto libero in causa ma necessitato da esigenze di razionalità economica iscritta nello statuto dell’imprenditore e volto ad evitare la dispersione di costi ed energie che provocherebbe la resistenza alle richieste di rimborso in contrasto all’indirizzo di legittimità.
6. L’interpretazione qui proposta permette di comporre, da un lato, l’interesse dei consumatori ad un celere risarcimento dell’accisa indebitamente traslata su di loro secondo il principio di effettività dei rimborsi che domina il campo delle imposte armonizzate; dall’altro, l’interesse dei fornitori a preservare il loro diritto al rimborso. Inoltre, permette di risolvere la distonia generata dal fatto che i diritti dei consumatori e dei fornitori nei confronti dei rispettivi creditori conoscono termini di prescrizione/decadenza di durata diversa (decennale e biennale).
Si deve ritenere non solo possibile ma doveroso che l’Amministrazione finanziaria, seguendo i principi di buon andamento ed imparzialità, con proprio intervento faccia propria tale tesi, eventualmente corredandola di alcune cautele o di regole procedurali.
Se non lo facesse, si auspica un celere intervento legislativo in materia.
In tal caso, sarebbe opportuno che il legislatore superi per tabulas l’ineludibile necessità di un previo rimborso dell’addizionale indebita ai consumatori da parte dei fornitori, che pare imposto dalla ratio dell’art. 29 della L. n. 428/1990, e sul modello dell’art. 14, c. 4, del TUA (che non richiede il previo pagamento) permetta ai fornitori di presentare un’istanza di rimborso all’Agenzia delle Dogane sulla base della semplice richiesta di rimborso scritta pervenuta dai consumatori finali (autenticata da un soggetto terzo a garanzia dell’Erario), che verrebbe così parificata ai presenti fini ad una sentenza passata in giudicato. In questo modo i fornitori eviterebbero lo squilibrio finanziario causato dalla necessità di dover anticipare il rimborso ai consumatori.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI: CAPOLUPO, L’istanza di rimborso del consumatore per accise indebitamente assolte, in Fisco, 2020, 14, 1354; Sulla struttura impositiva dell’accisa sui prodotti energetici, CROVATO (a cura di), La fiscalità delle imprese il and as, Rimini 2018, cap. XVIII; FABIO - MARROCCO, La dichiarata incompatibilità dell’addizionale provinciale all’Accisa sull’energia elettrica: le attuali opportunità di rimborso, in Fiscalità e commercio internazionale, 2020, 4, 58; FALSITTA – SCHIAVOLIN (, Le accise (imposte di fabbricazione e di consumo), in FALSITTA, Manuale di diritto tributario, parte speciale. Il sistema delle imposte in Italia, Padova, 2018, 1071; GALLEANI D’AGLIANO, Rimborso dell’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica, in Fisco, 2020, 11, 1054; ELIA, Accise e prodotti energetici (2010-2013). Parte prima, in Dir.prat.trib., 2014, II, 331 ss.; ELIA, Accise e prodotti energetici (2010-2013). Parte seconda, in Dir.prat.trib., 2014, II, 676 ss.; MICELI, Indebito comunitario e sistema tributario interno. Contributo allo studio del rimborso d’imposta secondo il principio di effettività, Milano, 2009; PIRI, Il rimborso delle accise, in AA.VV., Le accise sui prodotti energetici e sull’elettricità, Torino, 2014, 283; SALVINI, Questioni attuali sulla fiscalità del settore energetico, in Rass. trib., 2007, 1675; SCHIAVOLIN, Accise, in Enc.Dir., Agg. IV, Milano, 2000, 22 ss.; TESAURO, Rimborso delle imposte, in Nov.mo dig. It., Appendice, Volume VI, Torino, 1986, 824; TESAURO, Istituzioni di diritto tributario. 1- Parte generale, Torino, 2013, 132.
L'articolo è pubblicato sulla Rivista di Diritto Tributario.