“Regime nuovi residenti”: la nozione “elastica” di dimora abituale

Nell’ordinanza che si propone all’attenzione del lettore la Corte di cassazione ha avuto modo di ritornare sulla nozione di residenza, contenuta nell’art. 43 c.c., e, quindi, di dimora abituale quale presupposto ai fini di ottenere - e conser-vare - l’iscrizione nelle liste anagrafiche di un determinato Comune, chiarendo come essa debba essere localizzata in relazione ad individui che si trovano a recarsi spesso e per periodi più o meno lunghi fuori dall’ambito territoriale comu-nale per ragioni lavorative o per attendere, più in generale, alle occupazioni della propria vita. Sebbene resa in materia anagrafica, la decisione fornisce utili spunti di riflessione anche all’ope-ratore del diritto tributario, in quanto si rivela diindubbia utilità pratica al fine di valutare l’effet-tività del trasferimento in Italia della residenza fiscale di talune categorie di soggetti che inten-dano beneficiare del regime di cui all’art. 24-bis del T.U.I.R. (c.d. regime nuovi residenti), pur avendo per ragioni di lavoro una presenza fisica all’interno del territorio nazionale limitata a periodi di tempo assai brevi (si pensi a sportivi, artisti, cantanti e performers in genere).

Il caso deciso dalla Corte di cassazione

La vicenda decisa dalla Suprema Corte inizia con l’impugnazione da parte di un’attrice dell’atto con cui un Comune le aveva negato l’iscrizionealla propria anagrafe della popolazione residente, in quanto essa era risultata assente dalla sua abitazione in occasione di cinque accessi effet-tuati dal personale addetto, assenze che, da quanto è possibile intuire dalla lettura dell’ordi-nanza, erano dettate dalla necessità di adempiere ai propri obblighi lavorativi.
Dopo essere risultata vittoriosa in primo grado e soccombente in appello, l’attrice ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando il mal governo da parte del giudice di seconde cure delle norme che disciplinano l’iscrizione all’ana-grafe. Più nel dettaglio, secondo la ricorrente, la Corte d’Appello avrebbe confuso il concetto di abitualità della dimora con quello di presenza in casa. La ricorrente ha poi lamentato l’illegitti-mità dei controlli a sorpresa per la verifica delle dichiarazioni rese in sede di iscrizione anagrafica.

L'articolo è pubblicato in forma integrale su GT - Rivista di Giurisprudenza Tributaria 6/2021