Trasferimento di ramo di azienda in crisi e tutela dei lavoratori
Il principio per cui i dipendenti di un'azienda debbano mantenere i diritti acquisiti nel corso del proprio rapporto di lavoro, nonché i medesimi trattamenti ricevuti sino a quel momento a seguito di trasferimento del ramo di azienda a cui gli stessi siano assegnati, è uno dei capisaldi giuslavoristici del nostro ordinamento.
Esso, tuttavia, fa riferimento a situazioni in cui tale passaggio non avvenga in contesti patologici: tale variabile, infatti, è in grado di attenuare i corollari che da tale principio derivano. La Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha avuto modo di esprimersi sul tema, precisando alcuni dei requisiti che la normativa comunitaria di riferimento indica al fine di concedere condizioni di favore alla cedente che si trovi in stato di crisi, al pari di quanto recepito nel relativo Codice italiano (anche all'esito delle modifiche allo stesso apportate negli ultimi mesi).
1. Introduzione: contesto normativo europeo e italiano in tema di trasferimento d'azienda
Uno degli obiettivi che l'Unione Europea si prefigge è quello del ravvicinamento delle legislazioni dei propri Stati Membri e l'ambito della gestione dei rapporti di lavoro nel contesto delle crisi aziendali non fa eccezione.
In questo senso, la Direttiva 2001/23/CE del 12 marzo 2001 mira, in contesti di tal sorta, al mantenimento dei diritti dei lavoratori nei casi di trasferimento di imprese, stabilimenti o di parti di imprese o stabilimenti ad un nuovo imprenditore, anche a seguito di cessione di contratto o di fusione aziendale, prevedendo - tra le altre cose - anche un regime di responsabilità solidale tra il cedente e il cessionario in relazione ai crediti dei lavoratori trasferiti. In generale, le singole previsioni contenute nella Direttiva hanno lo scopo di tutelare i diritti già maturati dai dipendenti nel caso in cui la titolarità del loro rapporto passi in capo ad un nuovo datore di lavoro.
In Italia, la disciplina di riferimento in materia di mantenimento dei diritti del lavoratore in caso di trasferimento di azienda è dettata dall'art. 2112 cod. civ.
Tale disposizione si occupa principalmente di assicurare che, sotto la nuova direzione lavorativa, ai dipendenti siano assicurati gli stessi livelli di tutela dei quali godevano alle dipendenze del cedente. Il legislatore si prefigge di raggiungere tali obiettivi attraverso l'obbligo, in capo al datore cessionario, di garantire i trattamenti economici e normativi di cui al CCNL applicato sino in quel momento al lavoratore, con la possibilità che esso venga sostituito con quello in uso presso il nuovo datore, purché di medesimo livello. Inoltre, il cedente ed il cessionario sono solidalmente obbligati tra loro per i crediti di lavoro maturati dal dipendente in costanza del rapporto originario, salvo i casi di espressa rinuncia alla solidarietà del cedente da parte del lavoratore, sottoscritta in sede protetta ai sensi degli artt. 410 e 411 c.p.c.
Come desumibile dal testo della norma in esame, è consentita liberamente solo la modifica in melius delle preesistenti condizioni di lavoro. Diversamente, dipendente e nuovo datore saranno chiamati alla conclusione di un accordo individuale stipulato in sede protetta ex art. 2113 c.c.
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