Decreto Rilancio (D.L. 19 maggio 2020, n. 34): le novità in materia penale
Il “Decreto Rilancio” (D.L. 19 maggio 2020, n. 34), oltre ad integrare le disposizioni già previste dal “Decreto liquidità” (D.L. n. 23/2020) a sostegno dell’economia e delle imprese, contiene altresì alcune rilevanti novità in materia penale.
Il presente contributo passerà in rassegna le predette novità con l’obiettivo di fornire al lettore una ricostruzione dell’evoluzione normativa in ambito penale, resa non facile dalla pluralità dei provvedimenti di urgenza emessi in questo periodo e dalla eterogeneità delle materie riformate dagli stessi.
Contributo a fondo perduto: il nuovo delitto di falso e applicabilità degli artt. 316-ter e 322-ter c.p. (art. 25)
L’art. 25 del Decreto Rilancio prevede un contributo a fondo perduto “a favore dei soggetti esercenti attività d'impresa e di lavoro autonomo e di reddito agrario, titolari di partita IVA”, nel rispetto di alcuni limiti reddituali.
Il contributo, che parte da un minimo di 1000 euro per le persone fisiche e di 2000 euro per le persone giuridiche, è calcolato tenendo in conto la differenza tra fatturato e corrispettivi relativi al mese di aprile 2020 e quelli relativi al mese di aprile 2019. Per ottenere il contributo, l’interessato deve presentare alla Agenzia delle Entrate un’istanza comprensiva di “autocertificazione di regolarità antimafia” nella quale si attesta l’assenza di condizioni ostative quali misure o procedimenti di prevenzione di cui all’art. 67 del Codice Antimafia (D.lgs. n. 159/2011).
Ebbene il comma 9 dell’art. 25, introduce una nuova fattispecie di falso, che si configura quando il soggetto che presenta la predetta autocertificazione dichiara falsamente l’assenza delle cause ostative e che viene punita con la reclusione da due a sei anni.
Inoltre, è prevista l’applicazione della confisca, anche per equivalente, ai sensi dell’art. 322-ter c.p. come sanzione correlata al delitto di falso, in caso di ottenimento non dovuto del contributo.
Ai sensi del comma 14 del medesimo articolo, infine, “nei casi di percezione del contributo in tutto o in parte non spettante” è configurabile il delitto di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato previsto e punito dall’art. 316-ter c.p.
Emersione dei rapporti di lavoro irregolari: sospensione dei procedimenti penali, estinzione dei reati, nuovo delitto di falso e nuova aggravante per il caporalato (art. 103)
Al fine di garantire livelli adeguati di tutela della salute individuale e collettiva e favorire l'emersione di rapporti di lavoro irregolari, con l’art. 103 del D.L. n. 34/2020 viene introdotta una procedura diretta all’emersione del lavoro irregolare, di cittadini e stranieri, in relazione ad alcuni settori di attività tra i quali l’agricoltura, l’assistenza alla persona e il lavoro domestico.
In sintesi, la procedura può essere attivata sia dai datori di lavoro, per concludere contratti di lavoro subordinato o regolarizzare rapporti di lavoro in essere, sia dagli stranieri illegalmente presenti in Italia, per ottenere un permesso di soggiorno temporaneo, convertibile in permesso di soggiorno per motivi di lavoro se entro sei mesi si perfeziona il contratto di lavoro.
Quanto agli aspetti penalistici, i commi 11 e 12 dell’art. 103 prevedono la sospensione del procedimento penale (e amministrativo) dalla data di entrata in vigore del decreto fino alla conclusione della procedura di regolarizzazione eventualmente avviata.
Più nel dettaglio, per quanto concerne i datori di lavoro sono sospesi i procedimenti “per l'impiego di lavoratori per i quali è stata presentata la dichiarazione di emersione, anche se di carattere finanziario, fiscale, previdenziale o assistenziale”, salvo che si tratti di procedimenti per reati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina o della prostituzione, impiego di minori in attività illecite, riduzione in schiavitù o servitù e “caporalato”.
Con riferimento invece ai lavoratori, sono sospesi i procedimenti “per l'ingresso e il soggiorno illegale nel territorio nazionale”, salvo che si tratti di procedimento per uno degli illeciti di cui all'art. 12 t.u. immigrazione. Durante il periodo di sospensione non è possibile procedere all’espulsione nei confronti degli stranieri ammessi alla procedura.
Il comma 17 dell’articolo in esame prevede altresì che la sottoscrizione del contratto di lavoro e il rilascio del relativo permesso di soggiorno determinino l’estinzione del reato (nonché degli eventuali illeciti amministrativi) per il quale era pendente il procedimento sospeso.
Nell’ambito della medesima norma, il comma 14 garantisce una maggior tutela al lavoratore, prevedendo un aumento di pena da un terzo alla metà per il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (c.d. caporalato) ex. art. 603-bis c.p. quando il fatto sia commesso “ai danni di stranieri che hanno presentato l'istanza di rilascio del permesso di soggiorno temporaneo di cui al comma 2”.
Con l’obiettivo invece di tutelare il regolare svolgimento della procedura di regolarizzazione, il comma 22 dell’art. 103 introduce una specifica fattispecie delittuosa legata alla presentazione di false dichiarazioni o attestazioni. In tale ipotesi, salvo che costituisca più grave reato, il fatto è punito a norma dell'art. 76 D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, mentre se il fatto è commesso attraverso la contraffazione o l'alterazione di documenti oppure con l'utilizzazione di uno di tali documenti, si applica la pena della reclusione da uno a sei anni. La pena è aumentata fino ad un terzo se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale.
È opportuno segnalare che la norma in esame prevede alcune cause di inammissibilità alla procedura, che impediscono dunque anche la conseguente estinzione del reato.
Nello specifico, quanto ai casi di conversione del permesso di soggiorno per motivi di lavoro, l’istanza non potrà essere presentata dal datore di lavoro che negli ultimi cinque anni abbia riportato una sentenza (anche non definitiva) di condanna o patteggiamento per una serie di reati tra i quali il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, lo sfruttamento della prostituzione, la riduzione o il mantenimento in schiavitù o in servitù, l’intermediazione illecita e lo sfruttamento del lavoro, l’occupazione di lavoratori privi del permesso di soggiorno.
Parallelamente, sono esclusi dalla procedura di regolarizzazione gli stranieri che abbiano riportato sentenza di condanna o di patteggiamento (anche non definitiva) per reati per i quali sia previsto l’arresto obbligatorio in flagranza ex art. 380 c.p.p., per delitti contro la libertà personale o per altri reati, tra i quali reati in materia di stupefacenti, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e sfruttamento della prostituzione.
Sospensione del termine per proporre la querela (art. 221)
L’art. 221 D.L. n. 34/2020 integra le disposizioni riguardanti la sospensione dei termini del procedimento penale contenute nell’art. 83 D.L. n. 18/2020, stabilendo che “per il periodo compreso tra il 9 marzo 2020 e l'11 maggio 2020 si considera sospeso il decorso del termine di cui all'articolo 124 del codice penale”.
In questo modo il legislatore, risolvendo i dubbi sorti a tal proposito, ha chiarito che anche la querela rientra tra quegli atti di impulso procedimentale che ricadono nella sospensione di cui all’art. 83 D.L. 18/2020.
La disposizione avente efficacia retroattiva si pone in favore delle vittime, affinché non sia loro preclusa la possibilità di instaurare un procedimento penale a causa di ritardi o difficoltà nella presentazione della querela determinati dall’emergenza sanitaria.
Misure straordinarie per la celere definizione e per il contenimento della durata dei procedimenti giudiziari pendenti (art. 255)
Il Decreto Rilancio prevede altresì alcune misure straordinarie volte a realizzare un programma che faciliti la celere definizione e il contenimento della durata dei procedimenti giudiziari pendenti, nonché l'avvio della digitalizzazione del processo penale.
In quest’ottica è previsto l’impiego di circa 75 milioni di euro per far fronte a nuove spese quali l’assunzione nel biennio 2020-2021 di 1000 unità di personale amministrativo con contratto a tempo determinato, della durata massima di due anni; l’acquisto di computer, licenze informatiche e D.P.I. a beneficio del personale impiegato nell’amministrazione della giustizia e in ambito penitenziario.
Misure straordinarie per la definizione dell'arretrato penale presso le Corti di appello (art. 256)
L’art. 256 del Decreto Rilancio è diretto a far fronte ai rallentamenti che la situazione di emergenza legata al Covid-19 ha provocato nella definizione dei giudizi di appello, già peraltro caratterizzati da un’eccessiva lentezza che comporta un elevato tasso di prescrizione dei reati in secondo grado.
Nello specifico, la norma prevede un impegno di spesa di 10 milioni di euro all’anno, tra il 2021 e il 2024, per la nomina di un numero massimo di 850 ausiliari giudiziari. A tal fine è stata estesa al giudizio penale di appello la disciplina prevista per il rito civile, dagli artt. 62 e 63 D.L. 21 giugno 2013, n. 69.
Inasprimento della pena per le falsità nelle autocertificazioni (art. 264)
In un’ottica di liberalizzazione e semplificazione dei procedimenti amministrativi in relazione all’emergenza Covid-19, l’art. 264 del Decreto Rilancio prevede che fino al 31 dicembre 2020 nelle istanze volte a ottenere “benefici economici comunque denominati, indennità, prestazioni previdenziali e assistenziali, erogazioni, contributi, sovvenzioni, finanziamenti, prestiti, agevolazioni e sospensioni, da parte di pubbliche amministrazioni, in relazione all'emergenza COVID-19”, le autocertificazioni “sostituiscono ogni tipo di documentazione comprovante tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti dalla normativa di riferimento, anche in deroga ai limiti previsti dagli stessi o dalla normativa di settore, fatto comunque salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159”.
Il futuro utilizzo massivo di questo genere di dichiarazione sostitutiva ha spinto il legislatore a prevedere l’aumento da un terzo alla metà della pena ordinaria prevista dal codice penale per i reati di falso richiamati dall’art. 76 D.P.R. 445/2000.