Crisi d'impresa

La vexata quaestio del trattamento dei crediti tributari e la transazione fiscale

L’articolo dà un contributo alla comprensione di un tema, quello del regime dei crediti tributari, decisivo per la riuscita delle procedure di regolazione della crisi, muovendo dall’analisi della posizione restrittiva dell’Amministrazione Finanziaria - “che tanti lutti addusse agli Achei” - e cogliendone le radici concettuali e le coperture giurisprudenziali, a partire dalla sentenza n. 9373/2012 della Cassazione.

Il tema in gioco è la portata del principio di responsabilità patrimoniale di cui agli artt. 2740 e 2741 del codice civile e la funzione di lex specialis delle norme concorsuali.

Il contributo fonda l’interpretazione giuridica sulla scomposizione del concetto di surplus concordatario nelle sue articolazioni di finanza esogena ed endogena, e sugli effetti della prima sulla seconda nelle diverse situazioni in cui si possono dare – concordato in continuità o in liquidazione, accordi di ristrutturazione.  Procede quindi all’esame della giurisprudenza di merito, soffermandosi in specie su alcuni lucidi interventi della Corte ambrosiana che “liberano” la finanza endogena quando vi sia il contributo ad essa, sul piano causale, della finanza esogena nel campo dei concordati in continuità.

L’analisi si rivolge infine al Codice della crisi d’impresa, prima della fondamentale modifica proposta dal Decreto Correttivo all’art. 48, quinto comma, per cogliere evolutivamente e forse profeticamente i segni di una più chiara postura di lex specialis delle norme concorsuali, tali da giustificare il superamento del dogma della responsabilità patrimoniale come predicato dalla Cassazione (e applicato dall’Amministrazione Finanziaria).

Non è casuale che uno dei segni più clamorosi sia stato rinvenuto nella regola dell’art. 48, quinto comma, che assegna al Tribunale in sede di omologa degli accordi di ristrutturazione il potere di forzare l’adesione dell’Amministrazione Finanziaria a proposte di transazione fiscale che siano convenienti rispetto all’alternativa liquidatoria. E che il Decreto Correttivo estenda tale potere anche nei casi di concordato e anche sulle posizioni degli enti previdenziali e assistenziali significa che la posizione predicata dall’autore, basata sull’analogia, è assolutamente fondata.  L’art. 48, quinto comma, infatti non è solo la statuizione di un potere del Giudice, ma l’espressione di un principio generale: nella materia concorsuale negoziata occorre stabilire un riferimento dato dal quantum recuperabile nello scenario liquidatorio al momento della domanda di accesso.  Ciò che viene oltre e in più fa parte di un patrimonio liberato dai vincoli del principio di responsabilità patrimoniale e ciò non per “fantasia” degli interpreti ma per l’operare di una regola di autolimitazione del principio contenuta nel secondo comma dell’art. 2740 del codice civile.  Che ci voglia oggi un intervento chiaro del Legislatore per affermare questo principio non è un bene per la scienza giuridica, ma lo è per la chiarezza del diritto e per le imprese.   

La lettura integrale dell'articolo è riservata agli abbonati de Il Fallimentarista - Giuffrè, per maggiori informazioni clicca qui.